Pagina:Collenuccio, Pandolfo – Operette morali, Poesie latine e volgari, 1929 – BEIC 1788337.djvu/242

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     Non so se in casa adesso io ’i troverò,

non starò di cercarlo in ogni lato.
Ma l’esce de la porta: certo i’ ho
     quel ch’io cercavo a ponto, Dio laudato

SCENA II

Iacob, Sopher, Beniamino.

Iacob.   Molto stanno per certo a ritornare

i toi fratei d’Egitto, e sua dimora
mi fa temer di peggio e dubitare
     che appresso il danno de la fame ancora
o tutti o alcun di lor, per qualche avverso
e tristo caso, non s’infermi o mòra.
     A te, summo Fattor de l’universo,
lor ricomando e me, che come andòrno,
ritornin sani e il tempo non sia perso.
     Chi d’alcun caro assente il suo ritorno
brama, chiede et aspetta, colui certo
per desiderio invecchia in un sol giorno.
Sopher.   Io non voglio tenerti piú coperto,
o fortunato vecchio, quel ch’io porto:
non voglio che piú sii dubio et incerto.
     Vedut’ho i toi figliol, piglia conforto,
che di bon passo vengono qui appresso:
venni correndo, come me n’ fu’ accorto.
     Non li lassai lontani e però adesso
credo che qui seranno: a te sta mo
ricordarti di me per cotal messo.
Iacob.   Amico mio da ben, mai lasserò
far il debito mio, com’è dovere:
ingrato non fui mai né mai serò.
     E se ben giá mi désti da dolere,
con una vesta ch’ancor mi dá pene,
per questo non starò farti piacere.