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76 apologo


Berretta. Tu hai pur per certo non solo de l’ignorante, ma anco de lo smemorato. Non t’ho io detto che non si disdice, anzi si comanda il portare in capo una foggia, la quale sia indizio de la virtú de l’omo, e piuttosto spoglia che coperta si chiama, cosa al mondo ornatissima? Se Ercule adunque porta quella testa di leone che tu vedi, non è da maravigliare, anzi per questo è di venerazione molto piú degno, perché quella è la testa del leone nemeo, la quale esso, con vera virtú combattendo, vittoriosamente acquistò, onde or la pelle, per memoria e per insegna di quella vittoria, cosí porta.

Testa. Tu l’acconci sempre a tuo modo questa tua cosa, né so allegarti tante cose, che tu piú uncini non trovi da attaccarmi.

Berretta. Non sono uncini questi, anzi sono veritá provate. Sai tu quali sono, non uncini, ma mascare da vulgo? quando tu vedi un asino portare in dosso la pelle del leone o la cornacchia le penne del pavone, e voler usurpare quell’onore che non se li conviene. Ma che uno virtuoso porti la memoria e l’insegna de la virtú sua, e quella s’ingegni con modestia far nota, questa gloria si chiama.

Testa. Volemo noi in questo Ercule tutta la nostra differenza rimettere?

Berretta. Niuno iudice migliore di lui trovar si potria. Ma lo voglio interrogare io.

Testa. Anzi io, che ho voglia di piú cose a ciò pertinenti chiarirmi. — Noi ti adoriamo, o Ercule: sapemo che in te è sapienza e veritade, però sopra una nostra controversia, la quale brevemente ti narraremo, il tuo iudicio ricerchiamo.

Ercule. Altra narrazione non bisogna. Il mio nume a tutta la vostra disputazione è stato presente, e dove piú necessario sia, mia definizione vi prometto.

Testa. Per la prima adunque, ti preghiamo che dichiarare ti piaccia che cosa è onore, la qual cosa (si come tra tutti li omini onoratissimo) meglio de li altri sapere devi.

Ercule. Si come tra li beni del corpo la sanitade è il primo e tra quelli de l’animo la virtú, cosí tra li beni esterni