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328 lettera

la qual cosa la condizione di tutti e molto diversa, e per tutti infelice si rende. Molte persone ricche d’entrate negli anni di abbondanza, non ritrovando lo spaccio delle loro raccolte, vivono in ristrettezza, e possono ancor essi dire: inopes nos copia fecit. Ma più infelice ancora è la condizione del popolo, e degli artefici, mancando ad essi il lavoro. Che giova loro aver un grosso pane per un soldo, se poi lor manca il modo di guadagnarlo? Nasce questo sconvolgimento universale, quando il danaro vien meno, essendo il danaro, come dice il card. Pallavicino1, virtualmente ogni cosa: onde manca ogni cosa a coloro, cui questo manchi. Si passi ora a considerare con più maturo e pesato discorso, se il distrarre alquanto i contadini dalla coltivazione de’ terreni, per applicarli a quella de’ mori e de’ vermi da seta, sia guadagno d’apparenza ed incerto, o di sostanza e sicuro.

Chiamerannosi guadagno apparente ed incerto que’ 300 e più mila ducati annui, che passano direttamente in mano di que’ contadini, che nodriscono i filugelli? Somma duplicata nel giro d’anni 25, e che in altri

  1. Del Bene. Lib. 3, cap. 13. n. 2. a c. 244.