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— Vi domando grazia per il povero Arlecchino!...
— Qui non c’è grazia che tenga. Se ho risparmiato te, bisogna che faccia mettere sul fuoco lui, perchè io voglio che il mio montone sia arrostito bene.
— In questo caso, — gridò fieramente Pinocchio, rizzandosi e gettando via il suo berretto di midolla di pane — in questo caso conosco qual è il mio dovere. Avanti, signori giandarmi! Legatemi e gettatemi là fra quelle fiamme. No, non è giusta che il povero Arlecchino, il vero amico mio, debba morire per me! —
Queste parole, pronunziate con voce alta e con accento eroico, fecero piangere tutti i burattini che erano presenti a quella scena. Gli stessi giandarmi, sebbene fossero di legno, piangevano come due agnellini di latte.
Mangiafoco, sul principio, rimase duro e immobile come un pezzo di ghiaccio: ma poi, adagio adagio, cominciò anche lui a commuoversi e a starnutire. E fatti quattro o cinque starnuti, aprì affettuosamente le braccia e disse a Pinocchio:
— Tu sei un gran bravo ragazzo! Vieni qua da me e dammi un bacio. —
Pinocchio corse subito, e arrampicandosi come uno scoiattolo su per la barba del burattinaio, andò a posargli un bellissimo bacio sulla punta del naso.
— Dunque la grazia è fatta? — domandò il povero Arlecchino, con un fil di voce che si sentiva appena.
— La grazia è fatta! — rispose Mangiafoco; poi soggiunse sospirando e tentennando il capo:
— Pazienza! per questa sera mi rassegnerò a mangiare il montone mezzo crudo: ma un’altra volta, guai a chi toccherà!...