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di pesce, che cosa ha fatto l’amico mio che ha davvero un cuore di Cesare? Si è staccato coi denti uno zampetto delle sue gambe davanti e l’ha gettato a quella povera bestia, perchè potesse sdigiunarsi. —
E la Volpe nel dir così, si asciugò una lagrima.
Pinocchio, commosso anche lui, si avvicinò al Gatto, sussurrandogli negli orecchi:
— Se tutti i gatti ti somigliassero, fortunati i topi!...
— E ora che cosa fai in questi luoghi? — domandò la Volpe al burattino.
— Aspetto il mio babbo, che deve arrivare qui di momento in momento.
— E le tue monete d’oro?
— Le ho sempre in tasca, meno una che la spesi all’osteria del Gambero rosso.
— E pensare che, invece di quattro monete, potrebbero diventare domani mille e duemila! Perchè non dài retta al mio consiglio? Perchè non vai a seminarle nel Campo dei miracoli?
— Oggi è impossibile: vi anderò un altro giorno.
— Un altro giorno sarà tardi!... — disse la Volpe.
— Perchè?
— Perchè quel campo è stato comprato da un gran signore, e da domani in là non sarà più permesso a nessuno di seminarvi i denari.
— Quant’è distante di qui il Campo dei miracoli?
— Due chilometri appena. Vuoi venire con noi? Fra mezz’ora sei là: semini subito le quattro monete: dopo pochi minuti ne raccogli duemila, e stasera ritorni qui colle tasche piene. Vuoi venire con noi? —
Pinocchio esitò un poco a rispondere, perchè gli tornò in mente la buona Fata, il vecchio Geppetto e gli