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trombettiere Arnolfo, un ragazzino che non aveva ancora sett’anni finiti. Arnolfo, ubbidiente ai regolamenti e alla disciplina militare, si rassegnò a fare una mezz’ora di sentinella: ma appena smontato, corse subito in mezzo ai compagni, per farsi dare la sua parte di rancio. E lascio pensare a voi come restò, quando si accorse che i suoi compagni avevano mangiato tutto, diluviato tutto, spolverato tutto: fino i minuzzoli di pane, fin le cortecce del cacio, fin le bucce del salame! Il povero figliuolo, che aveva una fame che la vedeva proprio cogli occhi, trovandosi così barbaramente burlato, cominciò a piangere e a strillare: e il suo strillare fu così acuto e ostinato, che in tutta la storia militare, dalla presa di Gerico fino a noi, non c’è l’esempio d’un altro trombettiere che abbia strillato tanto, quanto lui.

Da quel giorno in poi, in quel corpo d’armata composto di sei ragazzi, non si trovò più un soldato che volesse fare da sentinella avanzata durante l’ora del rancio. Di fronte a un atto così grave d’insubordinazione, la disciplina militare ci scapitò assai; ma lo stomaco dei soldati ci guadagnò dimolto.... e tutti pari.

— E le battaglie combattute da questi piccoli eroi contro chi erano?

— Ve lo dico subito. Appena finito il rancio, l’esercito col suo comandante alla testa si rimetteva in marcia, inoltrandosi a passo di carica dentro il bosco. Giunti dinanzi a una grossa quercia, che aveva più di cent’anni, il generale Leoncino schierava le sue truppe in riga di battaglia, e dopo aver caracollato dinanzi a loro, figurando di essere a cavallo, dopo avere colle parole e coi gesti incoraggiati i soldati alla pugna, dava l’ordine di cominciare