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― Mi è fuggita sul più bello.... ma è fuggita in uno stato da far pietà.... se campa fino a domani è un miracolo. ―

A questo racconto, i cinque ragazzi si erano tanto riscaldati, che non potendo più frenare il loro entusiasmo, saltarono al collo del cugino, lo abbracciarono, gli strinsero la mano, gli fecero mille carezze. Arnolfo volle dargli perfino un gran bacio.

Arrivati a casa, come è facile immaginarselo, andarono di corsa dal babbo, per raccontargli la gran prova di coraggio che aveva dato Leoncino, combattendo a corpo a corpo con una terribile volpe, che pareva un leone.

Leoncino, sentendo tutte queste lodi, non capiva più nella pelle dalla consolazione: e già si figurava di aver riconquistato il titolo di generale, la sciabola coll’impugnatura dorata, le spalline color dello zafferano e il berretto con quella striscia bianca, che luccicava come un gallone d’argento.

Quand’ecco che sul più bello entrò in sala la serva, annunziando che c’era Tonio, il guardaboschi, il quale desiderava di vedere il signor Leoncino.

― Fatelo passar qui ― disse lo zio Giandomenico.

E difatti, il guardaboschi si presentò, tenendo il suo cappello in mano e portando sulla spalla una volpe impagliata, piena di ammaccature e ridotta in cattivissimo stato.

― Che cosa vuoi, Tonio? ― domandò lo zio.

― Dirò, padrone lustrissimo; stamani ho regalato questa volpe al sor Leoncino, che l’ha presa col dire che l’avrebbe portata alla villa.... ma viceversa poi, l’ho ritrovata per caso nascosta nella macchia di Tentennino....