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Fatto sta che Cesare, invece di andare a scuola, girò per tutta la città; e a quanti domandava della Banca de’ Monchi, tutti lo guardavano in viso e ridevano.

Tornato a casa, disse a’ suoi fratelli:

― Lo zio ce l’ha fatta!

― Cioè?

― La Banca de’ Monchi è una sua invenzione.

― E ora come si rimedia?

― Il rimedio ce l’avrei....

― Dillo, dillo subito! ― gridarono Orazio e Pierino.

― Ci state voialtri a vendere i libri di scuola?

― Magari!... e poi come si ricomprano?

― Con le cento lire del premio!

― Benissimo! E così li avremo tutti nuovi....

― E tutti rilegati.... ―

A furia di discorrere e di ragionarci su, quei tre monelli finirono per persuadersi, che, a vendere i loro libri di scuola, facevano un’operazione d’oro.

Lo stesso giorno, Cesare, con un fagotto sotto il braccio, andò in cerca di un rivenditore di libri usati: e quand’ebbe in tasca le tre lire, gli parve di aver toccato il cielo con un dito.


III.


La sera che dovevano andare al teatro, finsero tutt’e tre di avere un gran sonno; e come fecero bene la loro parte in commedia!...

― Io non posso più tenere gli occhi aperti ― diceva Cesare.

― Io dormo e cammino ― diceva Orazio.