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A quella chiamata si presentò il solito servo sulla porta.

― Fate passare subito il sarto, con la paniera di tutto il vestiario. ―

Il servo uscì: e dopo due minuti entrò il sarto con la paniera.

― Vestitemi quello scimmiottino con la livrea di mio cameriere ― disse Alfredo.

Il sarto, senza farselo ripetere, prese dalla paniera due scarpine scollate di pelle lustra, con un bel fiocchetto di seta sul davanti e le calzò in piedi a Pipì.

Poi gl’infilò un paio di calzoncini rossi da legarsi al ginocchio: e dal ginocchio in giù gli abbottonò un paio di piccole ghette colore di uliva fradicia.

Poi gli avvolse intorno al collo un fazzoletto bianco, inamidato e stirato a uso cravatta: lo aiutò a infilarsi una sottoveste di panno giallo e una giubbettina a coda di rondine, di panno nero, che gli tornava una pittura: e finalmente gli accomodò in testa un cappellino a cilindro, col suo bravo brigidino da una parte, come hanno tutti i camerieri dei grandi signori.

Quando Pipì fu vestito tutto da capo ai piedi, Alfredo gli disse:

― Su, da bravo, vieni qua da me e va’ a guardarti in quello specchio. ―

Lo scimmiottino si mosse franco e spedito: ma non essendo avvezzo a portare le scarpe, fece un bellissimo sdrucciolone e cadde lungo disteso.

Figuratevi le risate di Alfredo e del sarto!

Il povero Pipì faceva di tutto per rizzarsi, ma non gli riusciva. Puntava con sforzi inauditi i piedi in terra, ma