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II.


Il cappello a tuba.


Fra tutte queste galanterie, la più agognata per il nostro Gigino era il cappello a tuba.

Un giorno, sfogandosi con la Veronica, la cameriera che per il solito lo accompagnava a spasso, arrivò fino a dire:

— Credilo, Veronica, per un cappello a tuba darei tutti i miei libri di scuola.

— O perchè non se lo fa comprare dal babbo? — ripigliò la cameriera, ridendo come una matta.

— E perchè ridi? — domandò Gigino impermalito.

— Rido, perchè a vedere un ragazzo, come lei, col cappello a tuba, mi parrebbe di vedere un fungo porcino.

— Povera donna! ti compatisco....

— La mi compatisca quanto la vuole, ma a me i ragazzi vestiti da uomini grandi mi somigliano tante maschere fuori di carnevale.... ―

La mattina dopo (era per l’appunto giovedi, giorno di vacanza per la scuola) il nostro Gigino, frugando nell’armadio di guardaroba, gli venne fatto di trovare un vecchio cappello di felpa, coperto di polvere. Era un vecchio cappello del suo babbo.

Tutto allegro, come se avesse trovato un tesoro, se lo portò via di sotterfugio; e ritiratosi in camera, si pose a spazzolarlo e a strigliarlo, come se fosse stato un cavallo.

Quel povero cappello in alcuni punti era diventato bianchiccio a cagione del pelo andato via: ma Gigino,