Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
SONETTO CXVIII
Quel bel Ginebro, cui d’ intorno cinge
Irato vento, nè perciò le foglie
Sparge, nè disunisce, anzi raccoglie
La cima, e i rami, e ’n se stesso si stringe;
L’ animo stabil mio, Donna, depinge
Combattuto ad ognor; ma se discioglie
Fortuna l’ ira, ei la raffrena e toglie,
Sol vincendo il dolor, che la sospinge,
Con chiudersi, e coprir nei gran pensieri
Del Sol amato, nel cui lume involta
Dall’ aspra guerra altiera l’ alma riede.
A quell’ arbor Natura insegna a’ fieri
Nemici contrastare, e a me la molta
Ragion vuol, che nel mal cresca la fede.
SONETTO CXIX
Quante virtuti qui fra noi comparte
Il Ciel, allor che con benigni aspetti
Suoi lumi accende a far sì degni effetti,
Che ’l poter suo divin dimostra in parte;
D’ intorno lampeggiar chiare consparte
Al mio Signor vid’ io; voi Spirti eletti,
Che formate sì bei rari concetti,
Onorate di lui le vostre carte.
Ei sia degno soggetto ai sacri inchiostri,
Che dal lume divin più larga vita
Avran i bei famosi studi vostri.
Che se poca mortal luce finita
Vi sprona or tanto da’ superni chiostri,
Quanto accender vi de’ luce infinita?