Pagina:Colonna - Rime, 1760.djvu/120

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Pon questa appresso all’ altre pene mie,
   Che di salir al mio Signor, Canzone,
   Sì ch’ oda tua ragione,
   D’ ogn’ intorno ti son chiuse le vie.
   Piacesse a’ venti almen di rapportarli,
   Ch’ io di lui sempre pensi, e pianga, e parli.


CANZONE II


MEntre la nave mia lunge dal Porto
   Priva del suo Nocchier, che vive in Cielo,
   Fugge l’ onde turbate in questo scoglio,
   Per dare al lungo mal breve conforto,
   Vorrei narrar con puro acceso zelo
   Parte della cagione, ond’ io mi doglio;
   E ’l peso di color, che dall’ orgoglio
   Di Fortuna il valore in alto vola,
   Uguagliando al mortal mio grave affanno,
   Veder, se maggior danno
   Diletto, e libertade ad altra invola,
   O s’ io son nel tormento al mondo sola.
Penelope, e Laodomia un casto ardente
   Pensier mi rappresenta, e veggio l’ una
   Aspettar molto in dolorose tempre,
   E l’ altra aver con le speranze spente
   Il desir vivo, e d’ ogni ben digiuna
   Convenirle di mal nodrirsi sempre,
   Ma par la speme a quella il duol contempre,
   Questa il fin lieto fa beata; ond’ io
   Non veggio il danno lor mostrarsi eterno:
   E ’l mio tormento interno
   Non raffrena sperar, nè toglie oblio,
   Ma cel tempo il mio duol cresce, e ’l desio.