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SONETTO XLVIII
Quando la croce al Signor mio coverse
Gli omeri santi, ed Ei dal peso grave
Fu constretto a cader, or con qual chiave
Era alor chiuso il Ciel, che non s’aperse?
Sol per pietà di noi quanta sofferse
Contra Sé crudeltade! Oimè! il soave
Sangue innocente pur convien che lave
Le macchie intorno al reo mondo consperse
Nasce il nostro riposo da la guerra
De l’Auttor de la pace, e viene a noi
Lume dal chiuder gli occhi al vero sole;
Il divin Padre i gran secreti Suoi
Cela e discopre quando e com’Ei vole,
E basti a noi saper ch’Egli non erra.
SONETTO XLIX
Perché la vista e più la mente adombra
De la propria excellenza il van desio
Nel regno lucidissimo di Dio
Gli invidi spirti rei vider sol ombra.
Dunque, se da Colui che ’l falso sgombra
Per torcer gli occhi a se stessi in oblio
Mandar gli angeli il vero, oimè! quant’io
Debbo temer, cui terren peso ingombra!
Il troppo amar noi stessi da la prima
Madre a l’ultimo figlio sempre fia
L’arma ch’usa il nimico a’ nostri danni;
Chi vola ai Ciel per non cader tra via
Preghi il Signor, senza di sé far stima,
Che gli apra l’aria intorno e mova i vanni.