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SONETTO LXXX
Questo vèr noi maraviglioso effetto
Di morir Dio su l’aspra croce excede
Ogni umano pensier, onde no ’l vede
Con tutto il valor suo nostro intelletto;
Ma se del bel misterio in mortai petto
Entra quel vivo raggio, che procede
Da sopra naturai divina fede,
Immantenente il tutto avrà concetto.
Quei ch’avrà sol in Lui le luci fisse,
Non quei ch’intese meglio, o che più lesse
Volumi in terra, in Ciel sarà beato;
In carte questa legge non si scrisse,
Ma con la stampa Sua nel cor purgato
Col foco de l’amor Gesù l’impresse.
SONETTO LXXXI
Se ’l fedel servo, a cui per vero affetto
Si scopre il mar de la bontà di Dio,
Non avesse, per grazia, in lungo oblio
Del viver suo tuffato l’intelletto,
Avria, con tal ragion, odio e dispetto
Al vaneggiar passato obliquo e rio
Ch’impedir li potria quel Lume pio
Che purga ed empie ogni mortai diffetto,
Il qual in queste onde tranquille vuole
Che s’immerga e si sazi, e non si volga
A mirar le già corse e turbide acque,
Acciò mentre è ancor debil non ritolga
Il pensier da Colui, ch’accender sòie
La speme, in cui ’l gran Padre si compiacque.