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SONETTO CVI


Donna, dal Ciel gradita a tanto onore
   Che ’l tuo latte il Figliuol di Dio nudriva,
   Or com’Ei non t’ardeva e non t’apriva
   Con la divina bocca il petto e ’l core?
Or non si sciolse l’alma? e dentro e fore
   La virtù, i sensi ed ogni parte viva
   Col latte insieme a un punto non s’univa
   Per gir tosto a nudrir l’alto Signore?
Ma non convien con gli imperfetti umani
   Termini misurar gli ordini vostri,
   Troppo al nostro veder erti e lontani;
Dio morì in terra, or ne’ superni chiostri
   L’uom mortai vive, ma debili e vani
   Sono a saperne il modo i pensier nostri.


SONETTO CVII


Un foco sol la Donna nostra accese
   Divino in terra, e quello in Ciel l’accende;
   Quella stessa bontà chiara or comprende
   L’intelletto, ch’in parte già comprese.
Le parole, che pria l’orecchia intese,
   Per celeste armonia l’anima intende;
   Con Dio immortai quel grado ora in Ciel prende
   Di Madre che con l’uom qui mortai prese.
Cangiar obietto o variar penserò
   Uopo non le fu mai perché i bei sensi
   Fosser da la ragion ripresi o vinti;
Ch’infìn dal primo giorno solo al vero
   Aperse gli occhi, e gli spirti ebbe accensi
   Sempre, d’un sol ardor purgati e cinti.