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SONETTO CXVI
Potess’io in questa acerba atra tempesta
Del travagliato mondo entrar ne l’arca
Col caro a Dio Noè, poich’altra barca
Non giova a l’acqua perigliosa infesta;
O con la schiera ebrea, ch’ardita e presta
L’aperto Rosso mar sicura varca,
E poi sul lito, del gran peso scarca,
Ringrazia Dio cantando in gioia e festa;
O con Pietro il mio cor, alor ch’io sento
Cader la fede al sollevar de Tonde,
Da la divina man sentisse alzarsi;
E, s’al lor Tesser mio non corrisponde,
Non è il favor del Ciel scemato o spento,
Né quei soccorsi fur mai lenti o scarsi.
SONETTO CXVII
L’antiche offerte al primo tempio il pondo
Sgravar del nostro error, ma non s’offerse
L’ostia divina al Padre, anzi Ei sofferse
Sol per un segno il sacrificio immondo.
Oggi di novo onor s’orna il secondo
Tempio felice; oggi il Signor scoverse
E l’ombre e le figure; oggi s’aperse
Con pura offerta il vero Lume al mondo,
Il qual a Simeon sì a dentro giunse
Che pregò di serrar gli occhi per sempre
Per sempre aprirli in quello eterno sole,
E se non che a la Vergili le parole
Drizzò, perché ’l morir di Cristo il punse,
Sarebbe morto in quelle dolci tempre.