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SONETTO CXXX
Deh! manda, Santo Spirto, al mio intelletto
Quel chiaro raggio da cui fugge ogni ombra,
Onde la fiamma sua, che scaccia e sgombra
Ben indurato gel, m’accenda il petto!
L’occhio al Ciel s’erge, ma con l’imperfetto
Fosco lume mortai spesso s’adombra;
Cerca l’alma il suo bene e poi s’ingombra,
Se stessa amando più che ’l vero obietto.
Non può la mia finita egra virtute
Scorger i raggi, né sentir l’ardore
De l’infinito Sol senza il Tuo lume;
Dammi, Ti prego, o mia viva salute,
Ch’ornai vestita di celesti piume
Voli a la vera luce, al vero amore.
SONETTO CXXXI
Di cento invitti scudi armato intorno
Mi parve avere il cor quand’ebbi letti
I chiari nomi e quei si veri detti
Che han ciascun d’essi d’alta gloria adorno;
Onde, spinta d’amor, sovente torno
Là su con l’alma, ove i bei spirti eletti
Lodano i nomi e sentono gli effetti
Del Sol che sempre lor fa chiaro giorno.
E cosi spesso il prego che ogni nome
Di questi l’ora mille e mille volte
Mandi entro il vostro cor nove dolcezze,
Tal ch’io impari a sentir da voi si come
Vivono al dolce suon tutte raccolte
L’alme a tanta armonia mai sempre avezze.