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SONETTO CXXXVI


D’altro che di diamante o duro smalto
   Ebbe lo scudo, alor che l’empie e fere
   Del superbo nimico invide schiere
   Mossero in Ciel queirorgoglioso assalto,
L’angel, per la cui forza elle il mal salto
   Fer da la luce chiara a l’ombre nere,
   Il cui bel pregio fu grazia e podere
   Di non peccar. Oh raro dono ed alto!
Cagion di gloria a l’onorate squadre
   Fostù. Signor Gesù, viva mia luce,
   Ch’accendesti a Michel l’ardir invitto;
Lo qual vide a lo specchio del gran Padre
   Come sareste sempre e in quel conflitto
   De l’angelo e de l’uom difesa e duce.


SONETTO CXXXVII


Quanta gioia, tu segno e stella ardente,
   Alor che i vivi bei raggi fermaste
   Sul tugurio felice, al cor mandaste
   Dei saggi re del bel ricco oriente!
E voi, quanto più basso il Re possente,
   Fasciato, picciolin, pover trovaste,
   Più grande, alto, Il vedeste, e più L’amaste,
   Ch’ai Ciel tanta umiltà v’alzò la mente!
Il loco, gli animali, il freddo e ’l fieno
   Davano, e i panni vili, e ’l duro letto
   De l’alta Sua bontà sicuro segno;
E per la stella e per lo chiaro aspetto
   De la possanza, avendo in mano il pegno,
   L’adoraste col cor di gioia pieno.