Pagina:Colonna - Rime, 1760.djvu/21

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Potrei con lungo catalogo ricordare molti Scrittori, i quali con grave errore affermarono, che Vittoria poco dopo la morte del marito, accaduta nel Novembre del 1525., si ritirasse in un Monistero, ed ivi finisse i suoi giorni 1; ma ciò esser falso appar manifestamente e dalle di lei Opere rimasteci, e dalle Lettere da varj personaggi ad essa scritte a Ferrara, a Roma, a Napoli, e ad Ischia nel corso di parecchi anni dopo tale epoca, come più sotto osserverassi.

Tornata a Napoli di Viterbo si ritirò nuovamente a’ suoi studj, l’unico conforto, che le fosse rimaso dopo la morte del marito. Era allora Vittoria giovine d’ anni trentacinque, di fresche bellezze, e celebre per la sua letteratura; aspiravano perciò varj Principi alle sue nozze 2, cui cercavano di disporla

    ne Uticense, la quale non ebbe cuore per sopravviver al marito.

    Non vivam fine te, mi Brute, exterrita dixit
    Portia, & ardentes sorbuit ore faces;
    Avale, te extincto, dixit Victoria, vivam
    Perpetuo moestas sic dolitura dies.
    Utraque Romana est, sed in hoc Victoria major,
    Nulla dolere potest mortua, viva dolet.

    V’ha chi attribuisce questo Epigramma a M. A. Flaminio: Flamin. Carm. ediz. Comin. pag. 89. nè manca chi lo ascriva a Tommaso Mosconi; parmi tuttavia da seguire l’ opinione del Corso pag. 381. il quale inclina a credere esserne Autore l’ Ariosto. Sopra lo stesso argomento scrisse Vittoria la quarta Stanza della prima Canzone, siccome pure il Sonetto:

    Veggio al mio danno acceso, e largo il Cielo.

  1. V. la nota (76).
  2. Bullart loc. cit.