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SONETTO CCIV
Deh! manda oggi, Signor, novello e chiaro
Raggio al mio cor di quella ardente fede
Ch’opra sol per amor, non per mercede,
Onde equalmente il Tuo voler li è caro!
Dal dolce fonte Tuo pensa che amaro
Nascer non possa; anzi riceve e crede
Per buon quant’ode e per bel quanto vede,
Per largo il Ciel quand’ei si mostra avaro.
Se chieder grazia a l’umil servo lice
Questa fede vorrei che illustra, accende
E pasce l’alma sol di lume vero;
Con questa in parte il gran valor s’intende
Che pianta e ferma in noi l’alta radice
Qual rende i frutti a lui tutti d’amore.
SONETTO CCV
Forse il Foco divino in lingue accese
Venne per dar silenzio a l’intelletto,
Si che l’alte Sue voci in vivo affetto
D’ardente amor fosser dal mondo intese;
Onde i Suoi servi in quelle ardite imprese
Non di saper ma sol di fede il petto
Armaro, intenti al grande eterno Obietto
Che quanto aveano a dir lor fea palese.
Simil vorrei che i nostri egri desiri,
Tacendo, non spargesser pur di errore
Quel seme che non mai frutto raccoglie,
Ma, formando con lacrime e sospiri
Di fede e speme bei pensieri e voglie,
Lasciasser sol parlar sempre a l’amore.