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SONETTO XIV


Mentre il pensier dall’ altre Cure sciolto
   Con l’ alma del comun danno si lagna,
   Sì largo pianto il tristo sen mi bagna,
   Che forma un fonte il vivo umor raccolto.
Ed ivi insieme il mio col suo bel volto
   Scorge l’ occhio e ’l pensier; onde ristagna
   Il piacer nuovo, e ’l pianto mi scompagna
   Dal ben, che quasi il mal avea già tolto.
La grata vista il lagrimar affrena,
   E rimangon sì caldi i miei sospiri,
   Ch’ asciugan del già scorso pianto l’ onde.
Se ciò non fusse, per la dolce vena
   Delle lagrime mie, gli alti desiri
   Avrian le stelle avverse quì seconde.


SONETTO XV


Cara union, che con mirabil modo
   Per nostra pace fu ordinata in Cielo,
   Che lo spirto divino, e ’l mortal velo
   Legan con santo ed amoroso nodo;
Io la bell’ opra, e ’l grande Autor ne lodo;
   Ma d’ altra speme mossa, e d’ altro zelo,
   Riveder la vorrei, prima che ’l pelo
   Cangiassi, poi che d’ essa io quì non godo.
L’ alma rinchiusa in questo carcer rio,
   Come nemico l’ odia: onde smarrita
   Nè vive quì, nè vola ov’ i’ desio.
Vera gloria saria vedermi unita
   Col lume, che dà luce al corso mio;
   Poi sol nel viver suo conobbi vita.