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SONETTO XXXIV
Questo Sol, ch’ oggi agli occhi nostri splende,
Di grave ingiuria carco, e d’ alto scorno
Io vidi un tempo; or di se il mondo adorno,
Fertil la terra, e ’l ciel lucido rende.
Perchè con l’ altro mio più non contende,
Ch’ or lampeggiando nel divin soggiorno
D’ un ardor santo, e d’ un perpetuo giorno
Dinanzi al vero Sol s’ alluma e accende.
Quei raggi, quel calor, quell’ alma luce
M’ infiammar sì, che questo or sento e scorgo,
Discolorata, mesta, afflitta e nera.
Caduchi effetti il vostro al fin produce,
Fa il mio beata l’ alma; ond’ io m’ accorgo
Di spregiar l’ uno, e gir all’ altro altera.
SONETTO XXXV
Prima ne’ chiari, or negli oscuri panni
Imperio al cor dimostra Amor sincero;
Io pur col tempo mitigarlo spero,
E s’ egli avanza col girar degli anni;
Parmi che i lunghi miei gravosi danni
Or ricompensi un dolce alto pensiero,
Che sol pensando al bel sembiante altero,
Rinforza in me l’ amor, sgombra gli affanni.
Immaginata luce arde e consuma,
Sostiene in pace l’ alma, e ’l foco antico
Con vigor nuovo soffia, e avviva e accende.
Il chiaro suo valor, che ’l mondo alluma,
Di belli esempi mi fa il duol sì amico,
Che assai mi giova più, che non m’ offende.