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SONETTO XXXVIII
Quanta invidia al mio cor felici e rare
Anime porge il vostro ardente e forte
Nodo, che l’ ultime ore a voi di morte
Fe dolci, che son sempre agli altri amare.
Non furo ai bei desir le Parche avare
In filar, nè più larghe, nè più corte
Le vostre vite; ond’ or con egual sorte
Sete vive nel Ciel, nel mondo chiare.
Se ’l fuoco sol d’ Amor legar può tanto
Due voglie; or quanto a voi Natura e Amore,
I corpi quella, e questo l’ alme cinse
D’ immortal fiamma? O benedette l’ ore
Del viver vostro; e più quel lume santo,
Che sì bel nodo indissolubil strinse.
SONETTO XXXIX
Alta fiamma amorosa, e ben nate alme,
Cui nodo avvinse sì tenace e forte,
Che romper poi nol potè Invidia, o Morte,
Spargendo a terra le corporee salme.
Ben dovria il mondo con dorate palme,
Con cerchj, e mete di sì lieta sorte
Rendervi onor, mentre le rime accorte
Dal dolor non impetro, e di me calme.
Di voi non già, che fuor d’ umil soggiorno
Nel Ciel godete, accolte e Cittadine
Del regno u’ spesso col pensier ritorno.
Parmi veder d’ elette e pellegrine
Alme girarsi un nembo a voi d’ intorno,
E vinta restar più ciascuna al fine.