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SONETTO LXII


Se in Oro, in Cigno, in Tauro il sommo Giove
   Converso fu da cieco error sospinto
   Dal divin seggio al terren Labirinto,
   E mosse quel che gli altri ferma e move.
Amor, s’ appregi sol mirabil prove
   Da gloria vana, e stran desir convinto,
   Portami ov’ or dal valor proprio spinto
   Riluce il mio bel Sol con luci nove.
Maggior miracol fia, più chiara impresa
   Di trasportarmi al Ciel col mortal velo,
   Che indur con umil forma in terra i Dei.
Ma se d’ alto desir la mente accesa
   Vaneggia astretta d’ amoroso zelo,
   Porgi tua forza, e ardir ai pensier miei.


SONETTO LXIII


Spirto gentil, del cui gran nome, altero
   Se ’n va il Leon, c’ ha in mar l’ una superba
   Man, l’ altra in terra, e sol tra noi riserba
   L’ antica libertate, e ’l giusto impero.
Per chiara scorta, anzi per lume vero
   De’ nostri incerti passi il Ciel vi serba,
   E nell’ età matura, e nell’ acerba
   V’ ha mostro della gloria il ver sentiero.
Al par di Sorga, con le ricche sponde
   Di lucidi smeraldi in letto d’ oro,
   Veggio correr di latte il bel Metauro.
Fortunata colei, cui tal lavoro
   Rende immortal, ch’ all’ alme eterne fronde
   Non avrà invidia del ben colto lauro.