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SONETTO LXVIII


Dal breve sogno, e dal fragil pensiero
   Soccorso attende la mia debol vita;
   Quando interrotti son, riman smarrita
   Sì, ch’ io peno in ridurla al cammin vero.
Vero non già per me, ch’ altro sentiero
   Mi suol mostrar la mia luce infinita,
   E dice: meco in Ciel sarai gradita,
   Se raffrena il dolor lo spirto altiero.
Martir, Avversità, Fortuna, e Morte
   Non diviser le voglie insieme accese,
   Ch’ Amor, Fede, e Ragion legar sì forte.
Rispondo: l’ alte tue parole intese,
   E servate da me, son fide scorte
   Per vincer quì del mondo empie contese.


SONETTO LXIX


L’alte virtù d’ Enea superbe e sole
   Fan risonar quel chiaro almo intelletto;
   Ma se ’l Ciel dava al canto egual soggetto,
   Propria luce a quest’ occhi era ’l mio Sole.
Questo lume, che ’l mondo onora e cole,
   Dava cagion d’ alzar suo grand’ effetto;
   Nè tal splendor or cape in minor petto,
   Onde ciascun della sua età si dole.
Non già, che la materia il nome eterno
   Toglia a sì degno Autor, nè a tali effetti
   Merto e ragion non faccian chiara istoria;
Ma condur quest’ in Ciel, non nell’ inferno,
   Lodar vera virtù, non saggi detti
   Farian più chiara l’ una e l’ altra gloria.