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440 INFERNO. — Canto XXVIII. Verso 1 a 14


a peccare in Dio, sichè la infedelitade è maggior della scisma, avvegnachè possa peccare più uno scismatico, e commettere più mali che un infedele, sicome in essere più concetto contra la Chiesa che contra lo prossimo, e commettere più pecati; il quale commettimento di peccato, cade sotto lo secondo modo di considerazione della maggiorità del peccato, cioè secondo le sue circostanzie.1


Chi porìa mai pur con parole sciolte
     Dicer del sangue e delle piaghe appieno,
     Ch’i’ora vidi, per narrar più volte?
Ogni lingua per certo verrìa meno
     Per lo nostro sermone e per la mente,5
     C’hanno a tanto comprender poco seno.
Se s’adunasse ancor tutta la gente,
     Che già in su la fortunata terra
     Di Puglia fu del suo sangue dolente
Per li Troiani, e per la lunga guerra10
     Che dell’anella fe’ sì alte spoglie,
     Come Livio scrive, che non erra:
Con quella che sentì di colpi doglie,2
     Per contrastare a Roberto Guiscardo,


  1. Elimino il seguente traitto che mi par nota marginale: » Sono appellati volgarmente quelli, che disiungeno l’uno uomo dall’amore dell’altro, seminatori di rissa e di scisma e di scandalo, e quelli che disiungeno e si dalla unione della Chiesa, scismatici; della quale condizione de’ peccatori è la intenzione dell’autore di trattare nel presente capitolo. In prima che venga a mellere in termini li detti scismatici, seguendo suo poema, fa menzione d’alcune battaglie corporali, nelle quali fu grandissima tagliata di corpi d’uomini, li quali poi a suo trattato aduce per comparazione che non furono ad assai tanti come quelli che ’l vide nella predetta nona bolgia impiagati, siccome nella esposizion del testo apparirà:
  2. v. 13-14. Il Cod. BS. ha sentìo col BC. BU. BF. e con altri, ma il verso non
    corre; ha poi contrafare dove tutti co’ suoi compagni han contrastare. Il Cortonese ha pur esso sentì.




V. 1. Dice che tanta era la diversità delle piaghe e modi delli impiagati, che non in versi, dove lo dicitore è costretto a dire in certo numero di sillabe, e a venire a certa rima per consonarsi nel suo lavoriero, ma chi le volesse trattare in parole sciolte, cioè non tenute a detti stili, non si porrìa. E soggiunge che ogni lingua verrebbe meno, cioè non giungerebbe a potere esplicare quello che ’l vide. E vuoine mostrare da parte della lingua alcuno difetto quan— (1)