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INFERNO.—Canto XXVIII. Verso 15 a 18 441


<poem E l'altra, il cui ossame ancor s’accoglie {{R|15}} A Ceperan, là dove fu bugiardo

    Ciascun Pugliese, e là da Tagliacozzo
    Ove senz’arme vinse il vecchio Alardo:</poem>




do dice: Per lo nostro sermone, cioè che la parlatura umana non si estende a tanto.

V. 5. Quasi a dire che quella quantità e diversità è fuori d’ogni contegno di umana mente, e però chiaro nel testo dice che la nostra parlatura e la nostra mente hanno a tanto comprendere poco seno, cioè poca tenuta. Ma ampò sia che naturalmente nè artificiale non si possa esprimere per locuzione tanta moltitudine, vuol l'autore ad intelligenzia narrare d’alcune grandissime battaglie, nelle quali molti uomini furono distrutti e morti; e poi della somma di quelli fae comparazione a quelli che vide, ed essere li predetti nulla averso d’essi, e fa menzione di cinque grandi tagliate d’uomini, le quali furono tutte nello territorio d’Italia nella provincia di Puglia. Lo primo fu quella gente la quale fu tagliata alla battaglia, che fu tra la gente di Eneas; e quella di Turno con tutto lo suo sforzo, sicom’è detto nel primo capitolo, la quale fu, moltissima e dall’una parte e dall’altra, ma la vittoria rimase ad Eneas; e però dice: Per li troiani. E quando dice: per la lunga guerra, si fa menzione della seconda, la quale fu, come Tito Livio scrive, al tempo che i romani trionfavano tutto, e uno re Annibal si oppuose ad essi, e stette in tale contumacia da XVII anni; infine s’affrontò colli romani nel territorio di Puglia circa Canne; e i romani con tutti quelli nobili maestri di milizie e senatori e con tutta quella grandezza, che in quel tempo subiugava tutto il mondo, si schieronno e ordinonno loro battaglia; dall’altra parte lo ditto re Annibal fe’ lo simile con la sua gente. Or dopo infinita tagliata e dell’una parte e dell’altra, lo detto re ottenne vittoria; e li fu molto malmenata la grandezza del popol di Roma; e recitasi che dopo la rotta del campo lo ditto Annibal fe' cercare nelle dita de’ romani morti, e trovossi tanti anelli d’oro e d’argento che XXXIII stara della misura romana1 si ne empiero, de’ quali anelli lo ditto re fe’ fare in li suoi templi spoglie con imagini di quelli dei, li quali ellino adoravano. E però dice: e per la lunga guerra, cioè che durò, com'è detto, XVII anni.

11. Cioè che delli anelli si fe’, come è detto, spoglie.

12. Qui dà l’autore overo istoriografo, il quale descrive le istorie di Roma, acciò che meglio v’abbia sua comparazione.

13. Qui tocca la terza, la qual fu quando lo conte di Fiandra venne in Puglia a conquistarla, ed ebbe nome Roberto Guiscardo: al quale tutta quella provincia contradisse, e infine la conquistò tutta, ma non senza grande tagliata tra de’ suoi e de’ pugliesi: e

  1. Così anche il M. Il testo dell’Ottimo dice più storicamente tre moggia.