Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/151

Da Wikisource.
   [v. 130-136] c o m m e n t o 107

alcuno freddo che trovano per l’aere, et allora vanno in alto1 e commuovono l’aere, e generasi il vento, e così il vento non è altro che aere agitato. Che balenò una luce vermiglia; cioè lo quale vento arrecò seco uno baleno di una luce vermiglia, come appare alcuna volta il fuoco; cioè apparve col vento una luce vermiglia a modo di uno baleno: però che venne meno tosto, come fa il baleno. Queste cose; cioè tremuoto e vento, possono ben essere nelle caverne della terra, sicchè, perchè2 l’autore finga essere avvenuti questi accidenti nell’inferno, non è contro alla vera similitudine3 della poesi. Ma il baleno bene è contro alla verisimilitudine, se non si escusasse, questo fosse cosa sopra natura come molte altre che finge l’autore essere nell’inferno per la potenzia di Dio, che per natura non vi potrebbono essere; e questo finge, per dare ad intendere l’avvenimento dell’Angelo, il quale lo portò di là dal fiume: però che per grazia divina passò l’intelletto suo a considerare le cose, che di là secondo la sua fizione, dovessono essere. La qual mi vinse ciascun sentimento. Pone che la luce fosse sì grande, che li suoi sentimenti non la potessono sofferire; ma stupefatti da essa s’addormentassono, e per questo si verifica che volesse intendere che questa fosse luce sopra natura: chè non è alcuna luce naturale che li sentimenti non portino, o vero patiscono. E caddi, come l’uom, cui sonno piglia; cioè come l’uomo che s’addormenta; e così mostra che s’addormentasse, come si finge, nel seguente canto. Questa fizione è molto conveniente secondo la lettera, come appare a chi bene la considera, secondo la ragione della poesia; ma sotto questa, allegoricamente l’autore volle dimostrare il suo processo nella vita virtuosa, che avea preso dimostrando che, poi che per la grazia preveniente era uscito del vizio, et era già entrato nello inferno con la considerazione; cioè considerava già la bassezza e viltà del vizio e voleva procedere a vedere le sue specie e le loro pene, et a questo li era bisogno la grazia seconda; cioè la illuminante, la quale dimostra ora a lui essere venuta, et avere addormentata la sua sensualità, sì che passi Acheron4; cioè ad uno stato ove non senta le vane allegrezze del mondo5, nè della carne; e poi si svegli a considerare le predette cose, stando obediente alla ragione, lasciandosi guidare a lei. E questo volle significare per la luce vermiglia, e per lo suo addormentamento, e passamento6 di Acheron, e svegliamento che ebbe poi di là; e qui finisce, il canto terzo.

  1. Altrimenti - vanno in lato.
  2. Perchè vale benchè, e Dante medesimo ce ne offre un esempio nel canto iv di questa cantica, al verso 64 «Non lasciavan l’andar, per ch’ei dicessi».  E.
  3. C. M. alla verisimilitudine.
  4. C. M. Acheron, Stige e Cocito; cioè.
  5. C. M. del mondo, nè tristizia, nè pianto, per essere privato di quelle; e poi.
  6. C. M. passamento de’ fiumi, e.