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Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/161

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   [v. 13-24] c o m m e n t o 117

dello inferno del mondo, il quale s’intende essere la congregazione delli ostinati, come detto è di sopra. Tanto, che per ficcar lo viso al fondo Io non1 vi discerneva alcuna cosa. Dice che tanto era scura la valle, e profonda, e nebbiosa che, benchè ficcasse il viso in giù, niuna cosa vi potea discernere. Benchè questo sia conveniente secondo la lettera; non lo disse sanza intendimento d’allegoria, intendendo che di tanta oscurità sieno li dannati, tanta profondità di malizia è in loro, e tanta cechità d’intelletto, che l’uomo virtuoso, benchè inchini il suo intelletto a considerare secretamente queste cose basse e vili, non vi discerne veruna cosa; cioè in tanta bassezza d’essere sono, che non vi conosce cosa che si possa dire che abbia essere, o che si possa dire cosa, per che quivi non è, se non privazione.

C. IV - v. 13-24. In questi quattro ternari pone l’autore il discenso suo nel primo cerchio, e fa due cose: imperò che prima pone il conforto di Virgilio al discenso con la sua dubitazione; nella seconda, la risposta di Virgilio al dubbio e il discendimento; et è la seconda: Et elli a me ec. Dice adunque prima Virgilio a Dante: Or discendiam qua giù nel cieco mondo. Vero è che nell’inferno sono tenebre, sì che si può ben dire, nel mondo cieco per convenienzia, et ancora per allegorico intelletto, della vita viziosa de’ mondani, che ben si può dire cieca: imperò che nelli uomini viziosi è cechità d’intelletto; e bene2 discendere, venire alla considerazione di sì fatti, alla quale veniva Dante. Cominciò il poeta tutto smorto; cioè Virgilio: Io sarò primo, e tu sarai secondo. Virgilio guidava Dante e sapeva il luogo ove menava Dante, sicchè conveniente cosa era che andasse innanzi, e Dante lo seguisse, e che avesse pietà dell’angoscia che era là giù, per la quale era lo smortore, come si dirà incontanente. E questo è conveniente, secondo la fizione e secondo l’allegorico intelletto che la ragione di Dante significata per Virgilio, descendendo a considerare ancora la pena de’ viziosi mondani, debbiasi muovere a pietà. Et io, che del color mi fui accorto, Dissi: Come verrò, se tu paventi, Che suoli al mio dubbiar esser conforto? Qui Dante muove dubbio a Virgilio, dicendo poichè s’avvidde3 dello smortore di Virgilio: Come verrò io, se tu ài paura, che suoli essere conforto al mio dubitare? Veramente la ragione conforta la sensualità, quando teme. Et elli a me; cioè Virgilio disse a me Dante: L’an-

  1. Nel testo è corso un errore di stampa; ma deve leggersi «non vi discerneva».  E.
  2. C. M.  bene è descendere.
  3. s’avvidde. Vedde e vidde sono le voci legittime e primitive del verbo vedere e videre nel perfetto dell’indicativo, nelle quali è raddoppiato il d, perchè venissero distinte da vede e vide appartenenti all’indicativo, il quale oggi usa il solo vede.  E.