Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/268

Da Wikisource.
224 i n f e r n o

79Non sanza prima far grande aggirata,1
     Venimmo in parte, dove il nocchier, forte,
     Usciteci, gridò: qui è l’entrata.
82Io vidi più di mille in su le porte
     Da ciel piovuti, che stizzosamente
     Dicean: Chi è costui, che sanza morte
85Va per lo regno della morta gente?
     E il savio mio Maestro fece segno
     Di voler lor parlar segretamente.
88Allor chiusono un poco il gran disdegno,
     E disser: Vien tu solo, e quei sen vada,
     Che sì ardito entrò per questo regno.2
91Sol si ritorni per la folle strada;
     Pruovi, se sa: chè tu qui rimarrai,
     Che li ài scorta sì buia contrada.3
94Pensa, Lettore, se io mi sconfortai
     Nel suon delle parole maladette,
     Ch’io non credetti ritornarci mai.
97O caro Duca mio, che più di sette
     Volte m’ài sicurtà renduta, e tratto4
     D'altro periglio, che in contra mi stette,5
100Non mi lasciar, diss’io, così disfatto:6
     E se il passar più oltre c’è negato,
     Ritroviam l'orme nostre insieme ratto.7
103E quel Signor, che lì m’avea menato,
     Mi disse: Non temer, che il nostro passo
     Non ci può torre alcun: da tal n’è dato.

  1. v. 79. Aggirata per giro, come imperiato per imperio, usato per uso e via dicendo. Ennio adoperò occasus per occasio. E.
  2. v. 90. Che sì sicuro
  3. v. 93. Nidobeato legge «Che scorto l’ài per sì buia contrada» Allora scorto è participio accorciato da scortato, come cerco, trovo, per cercato, trovato. E.
  4. v. 98. C. M. sigurtà
  5. v. 99. D’alto periglio,
  6. v. 100. Disfatto vale rovinato, perduto. E.
  7. v. 102. C. M. Ritorniam l’ombre nostre