Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/431

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   [v. 85-93] c o m m e n t o 387

di quel fiumicello, et ambo le pendici; cioè amendue le sponde, le quali si chiamano pendici, perchè pendono in ver la terra, Fatti eran pietra; cioè erano fatte di pietra, e i margini dal lato; cioè le ripe che sono dal lato alle sponde, di verso la terra; e per questo appare che le sponde erano ampie, sicchè faceano piagge in verso la terra ove pendeano; Per ch’io; cioè Dante, m’accorsi che il passo era lici; cioè m’avvidi che quivi ci conveniva attraversare il terzo girone: imperò che più oltre non si potea andare, et a noi pur convenia attraversare lo girone, per compiere lo nostro viaggio. Et è qui da notare che Dante finse queste sponde essere di pietra per due cagioni; l’una per mostrare in che modo attraversarono lo girone della rena calda, sanza andare su per la rena ardente, che non sarebbe stato verisimile; l’altra cagione, per mostrare la moralità e continuarla con quel ch’è detto di sopra; cioè che poi che l’uomo à ritratto li affetti e i desideri suoi dall’arsione et incendio della violenzia contra Dio e la natura e l’arte, con la solitudine e con la penitenzia viene a fermezza et a durezza, con la quale passa tra quelli peccati fermo e costante non commosso da quelli; ma come pietra dura tiene fermi e costanti li suoi effetti.

C. XIV — v. 85-93. In questi tre ternari l’autor nostro finge come Virgilio incita Dante a considerazione di questo fiumicello ch’ànno trovato, dicendo: Tra tutto l’altro; dell’inferno, ch’io; cioè Virgilio, t’ò dimostrato; a te Dante infino a qui, Poscia che noi entrammo per la porta; prima dell’inferno che sta sempre aperta, e però dice: Lo cui sogliare 1 a nessun è negato; perchè sta aperta la porta; e questo dice perchè quella di Dite non istà aperta, et alli buoni si niega. Et è qui da notare che l’autore fa qui questa fizione moralmente parlando dell’inferno di questo mondo, per mostrare ch’ognuno è abile a poter peccare; e così è abile a risurgere dal peccato per la grazia di Dio; e questo significa per l’apertura della prima porta, dentr’alla quale si puniscono i peccati della incontinenzia, dai quali si risurge più agevolmente, perchè meno s’offende Idio. E doviamo considerare che peccare s’intende descendere nell’inferno; e resurgere dal peccato è uscire dell’inferno; e però lo sogliar della prima porta a nessuno è negato, e questo s’accorda con l’Eneida di Virgilio ove nel sesto dice: Tros Anchisiade, facilis descensus Averni: Noctes atque dies patet atri ianua Ditis; Sed revocare gradum, superasque evadere ad auras, Hoc opus, hic labor est: Pauci, quos aequus amavit Iuppiter, aut ardens evexit ad aethera virtus, Diis geniti potuere ec. Ma la porta di Dite è chiusa, non per impedir l’entrare, ch’ognuno è abile quanto a sè ad entrarvi, se non chi è preservato

  1. C. M. solliare, cioè lo sollio della quale a nessuno si nega, perchè