416 |
i n f e r n o xv. |
[v. 79-96] |
garra; cioè pur che non vegna contra coscienzia, non mi ci 1 morda, Che alla Fortuna, come vuol, son presto; cioè le minaccie della fortuna non mi movono, ch’io sono apparecchiato a sostenere e portare pazientemente ogni cosa che la fortuna vuole, purchè non sia contra la coscienzia lo sostenere. Et è qui da notare che coscienzia è atto della ragione procedente dall’intelletto respettivo ad altra cosa; e però si dice coscienzia; cioè scienzia insieme con altro; cioè con libero arbitrio: imperò che il dettamento, o vero imperio della ragione detta e comanda quello che si dee fare e quel che si dee fuggire, e lo libero arbitrio delibera e vuole lo contrario: allora la ragione àe scienzia di quel che si dee fare, e contro a quello à la deliberazione e volontà del libero arbitrio. E così puoi esponere coscienzia; cioè contra sè scienzia; cioè scienzia di quel che è contra la sua dettazione. Altrimenti e meglio si può dire, secondo che dice Papia: Coscienzia è conoscimento di sè medesimo; et a questo modo può essere in male et in bene, e così dice l’Apostolo: Gaudium vestrum 2, conscientia vestra; ma quando è di bene, contenta e quieta la mente; e quando è di male, turba et inquieta la mente. E niente di meno ancor si può dire: Insieme con altri scienzia; cioè della ragione insieme con la libertà dell’arbitrio, come fu detto di sopra. Appresso è da notare che la ragione non è sottoposta alla fortuna; e però dee contrastare alla volontà, che non seguiti la fortuna in quel che non si dee. Non è nuova alli orecchi miei tale arra; cioè tal 3 patto: arra è la caparra che è fermezza del patto fatto; cioè non m’è nuovo lo patto che è tra li uomini e la fortuna, ch’altra volta l’ò udito; cioè che chi entra nel mondo conviene ch’ubidisca alla fortuna, e stare contento alle sue mutazioni; e questo dice perchè letto l’avea nelli autori, et ancora finge che Virgilio lo dicesse di sopra nel vii canto, quando disse: Colui, lo cui saper tutto trascende ec.; et aggiugne: Però giri Fortuna la sua rota. Li autori fìngono la Fortuna volgere la rota, perchè fa circulari mutazioni nelle città e comunità, come si mostra nel vii canto, e nelli signori e nelli singulari uomini, ponendoli ora in alto stato, ora in basso, ora in montamento, ora in di scendimento, Come le piace; cioè secondo lo suo piacere, ch’io son presto a far quel ch’ella vuole, che non sia contra mia coscienza, e il villan la sua marra; cioè e il contadino giri ancor la sua marra, come li piace, ch’io sono apparecchiato a sostenere, purchè non sia contro a coscienzia, quasi dica: Faccia la Fortuna e facciano li uomini, come piace loro, ch’io sono per sostenere. E questo dice notevolmente, per mostrare che li effetti della Fortuna vengono per due cagioni; l’una è da’ corpi celesti e da quella sustanzia, che Dio
- ↑ C. M. non mi ricorda
- ↑ C. M. nostrum est,
- ↑ C. M. tal peccato: arra