Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/594

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   550 i n f e r n o   xxi. [v. 58-66]

non vuoi de’ nostri graffi; cioè che noi ti percoliamo con essi, Non far sopra la pegola soperchio; cioè non uscir fuori della pegola, e non venire a uscir di sopra. Poi; ch’ebbono detto di sopra così: l’addentar con più di cento raffi; cioè li ficcarono a dosso i denti di più di cento raffi, attuffandolo 1 sotto; raffio tanto è a dire, quanto graffio: questo è uno strumento di ferro con li denti uncinuti, et ancor n’à uno appuntato 2 lungo, e con quello intende l’autore che l’addentassono. Disser: Coverto convien che qui balli; cioè sotto la pegola: questa è ancor derisione, che qui non li tenea ballare; Sì che, se puoi, nascosamente accaffi; cioè pigli, come se’ usato nel mondo di pigliare li moccobelli occultamente; e questo finge l’autore che dicessono ancora per ischerno. Non altrimenti i cuochi ai lor vassalli; cioè a’ lor servi e guatteri, Fanno attuffar nel mezzo la caldaia La carne con li uncin, perchè non galli. Qui fa l’autore una similitudine, dicendo che come li cuochi fanno ai guattari sospignere sotto l’acqua nella caldaia nel mezzo alcuno pezzo di carne, che stando dal lato sopra sta all’acqua e galleggia; così li demoni spinsono et attuffaron quell’anima ec.

C. XXI — v. 58-66. In questi tre ternari l’autor nostro finge come Virgilio lo fece appiattare, e come passò in su la ripa sesta a contastar 3 con li demoni, dicendo: Lo buon Maestro; cioè Virgilio, mi disse; cioè a me Dante: A ciò che non si paia, Che tu ci sia; cioè tu, Dante, qui t’acquatta; cioè ti nascondi in questo luogo, Dopo uno scoglio; cioè di questi ronchioni di questi sassi, ch’alcun schermo t’àia; cioè che t’abbia alcuno riparo che non sia veduto. E per nulla offension che a me sia fatta: cioè a me Virgilio, Non temer tu; cioè Dante, ch’i’ ò le cose conte; cioè imperò che io Virgilio ò queste cose manifeste: li pericoli provati certi e proveduti non ispauriscono l’animo forte; e però Virgilio, che significa la ragione superiore, lascia Dante appiattato; cioè la sensualità, la quale è timida. E così mostra il modo da dovere combattere la tentazione di questo peccato, e vincerla con la ragione: imperò che la sensualità non basterebbe a vincere le malebranche, che sono li tentatori di questo vizio, e questo ne intese l’autore allegoricamente. E notevolmente dice che s’appiatti dopo uno scoglio; cioè la sensualità stia dura, ferma e costante, insino che la ragione vince la tentazione. Perch’ altra volta fui a tal baratta; questo dice l’autore litteralmente: imperò che come detto fu di sopra, altra volta andò Virgilio del cerchio suo infino al cerchio di Giuda per uno

  1. C. M. spingendolo
  2. C. M. puntente lungo,
  3. Si è supplito col Cod. M. da - e come - a - con li demoni - Contastare per contrastare trovasi frequentemente presso gli antichi. E.