Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/603

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   [v. 127-139] c o m m e n t o 559


C. XXI — v. 127-135. In questi tre ternari l’autor nostro finge ch’elli temesse di tal compagnia, e che Virgilio lo confortasse, dicendo: Oimè!; questo oi è intergezione che significa dolore, Maestro; cioè Virgilio, che è quel ch’io veggio; cioè io Dante? Diss’io; a Virgilio: Deh sanza scorta; cioè sanza guida, andianci soli; e questo è intergezione che significa deprecazione, esortazione, Se tu; cioè Virgilio, sai ir; per questo luogo, ch’io; Dante, per me non la cheggio; sì fatta guida. Se tu; cioè Virgilio, se’ sì accorto, come suoli, Non vedi tu, che digrignan li denti, E con le ciglia ne minaccian duoli; cioè dolori? Dimostra Dante li segni che lo spaurivano; cioè il digrignar de’ denti e l’alzar delle ciglia, le quali cose significano ira et arditezza. Et è qui da notare che il demonio sempre 1 conforta, et invigorisce; et aggiugne come Virgilio lo conforta: Et elli; cioè Virgilio disse, a me; cioè Dante: Non vo’ che tu paventi; cioè abbia paura: ecco come la ragione conforta la sensualità, Lasciagli digrignar pur a lor senno; cioè quantunque vogliono, Ch’ei fanno ciò per li lesi dolenti; cioè fanno questi atti per spaventare li miseri peccatori, lesi dolenti; cioè offesi dolorosi et appenati; o vuogli lessi, cioè cotti et afflitti.

C. XXI— v. 136-139. In questo ultimo ternario et un verso finge l’autor nostro lo lor movimento, dicendo: Li dieci demoni Per l’argine sinistro volta dienno; cioè in verso man manca, Ma prima avea ciascun la lingua stretta Coi denti; cioè che traevano la lingua fuori in derisione, verso il lor duca; cioè Barbariccia, del quale facevano beffe, per cenno; cioè per segno che seguitasse i compagni suoi, Et elli; cioè Barbariccia, avea del cul fatto trombetta; cioè sonava col foro di rietro 2 a modo d’una trombetta. E questo finge l’autore, a dimostrare che nell’inferno è ogni immundizia et ogni scherno e scostume e derisione; sicchè Barbariccia non facea meno beffe, nè deri-sione di loro, che essi di lui 3, anzi più. E qui finisce il canto vigesimo primo.

  1. C. M. sempre spaurisce, come l’angiolo sempre conforta,
  2. C. M. con la bocca di sotto a modo
  3. C. M. di lui; ma anco più.

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