Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/614

Da Wikisource.
   570 i n f e r n o   xxii. [v. 37-45]

vuogli raccapricciare; cioè spaurire, Uno aspettar; di quelli ch’eran col capo di fuori, così, com’ elli incontra; cioè addiviene; e seguita la similitudine presa: Ch’ una rana rimane; fuor dell’acqua e non fugge, e l’altra spiccia; cioè salta sotto l’acqua. E Graffiacan; ch’era uno de’ x demoni, che li era più d’incontra; che li altri nove demoni a quello misero peccatore, Gli arroncigliò; cioè col ronciglio prese, le impegolate chiome: chioma è la capellatura che pende dalle spalle; e dice impegolate, perch’era stato sotto la pegola. E per fare verisimile che potesse tirare che i capelli reggessono, dice: E trassel su; della pegola, che mi parve una lontra; lontra è uno animale che è vago de’ pesci, del quale fu detto di sopra cap. xvii. Et è qui da notare che questo testo appruova quel che è detto di sopra, cap. xxi; cioè che Graffiacane significava lo disfacimento de’ vivi nel mondo, per la figura ch’elli à di gatta che graffia con li artigli, che significano qui le parole; e così fa la infamia. E qui dimostra l’autore ch’elli volle significare questo, in quanto finge che Graffiacane trasse fuor della pegola questo peccatore, che allegoricamente significa diffamarlo e publicarlo: però che di sopra fu detto che la pegola significava occultazione, onde elli disse nel testo cap. xxi prima cantica: Disser: Coverto convien che qui balli, Sì che, se puoi, nascosamente accaffi. E litteralmente finge l’autore che questo risponda di là in pena; cioè stare sotto la pegola bogliente et esserne cavato venga a strazio e derisione ai demoni, come colui, che publicato nel mondo, viene in derisione e strazio alli uomini del mondo, ch’ognuno lo strazia e deride e schernisce. E finge l’autore che costui rimanesse alla riva e fosse tratto fuori, o vero su, perchè fu diffamato moccobellatore o barattiere; e poi soggiugne com’elli seppe che fu Graffiacane, et occultamente manifesta la cagione, perch’ elli à così nominato questi demoni per li effetti loro, e quello che per questo à voluto intendere.

C. XXII — v. 37-45. In questi tre ternari l’autor nostro finge onde era la cagione, perch’ elli sapea i nomi de’ demoni; e com’elli priega Virgilio che sappi chi è lo sciagurato venuto alle mani delli demoni, dicendo: Io; cioè Dante, sapea già di tutti quanti; quelli demoni, il nome; e però non ti maravigliare, se io li nomino: Se li notai, quando furon eletti; ecco che dimostra che studiosamente li nominasse così, e non per fortuna, E poi che si chiamaro; l’uno l’altro, attesi come; cioè si chiamarono; et aggiugne uno de’ chiamamenti: O Rubicante; questo è il nome di quell’altro demonio del quale fu detto di sopra, che significa ostinato furore al quale vengono i barattieri che sono nel mondo, quando usano la baratteria publicamente contra ciascuno, facendo il peggio che possono, e levando infino alla pelle il più che possono, et ancora la pelle quan-