Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/680

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636 i n f e r n o

43Dicendo: Cianfa dove fia rimaso?1
      Perch’io, a ciò che il Duca stesse attento,
      Mi puosi il dito su dal mento al naso.
46Se tu se’ or, Lettore, a creder lento
      Ciò ch’io dirò, non sarà maraviglia:
      Chè io, che il vidi, appena il mi consento.2
49Com’io tenea levate in lor le ciglia,
      Et un serpente con sei piè si lancia
      Dinanzi all’uno, e tutto a lui s’appiglia.
52Coi piè di mezzo li avvinse la pancia,
      E con li anterior le braccia prese,
      Poi li addentò e l’una e l’altra guancia.
55Li diretani alle cosce distese,
      E miseli la coda tra amendue,3
      E dietro per le ren su la ritese.
58Ellera abbarbacata mai non fue
      Ad arbor sì, come l’orribil fiera
      Per l’altrui membra avviticchiò le sue:
61Poi s’appiccar, come di calda cera4
      Fossero stati, e mischiar lor colore,
      Nè l’un, nè l’altro già parea quel ch’era;
64Come procede inanzi dall’ardore
      Per lo papiro suso un color bruno,
      Che non è nero ancora, e il bianco more.
67Li altri lo riguardavano, e ciascuno
      Gridava: O me! Agnel, come ti muti!
      Vedi che già non se’ nè due, nè uno.
70Già eran li due capi un divenuti,
      Quando n’apparver due figure miste
      In una faccia, ov’eran due perduti.5

  1. v. 43. C. M. Gianfa
  2. v. 48. C. M. mel consento,
  3. v. 56. C. M. tra ambedue,
  4. v. 61. C. M. appicciar,
  5. v. 72. C. M. dov’eran perduti.