Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/792

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748 i n f e r n o   xxix. [v. 85-90]

minerà di sotto; e quivi dirò di loro condizioni, e però dice: Io; cioè Dante, vidi due seder a sè poggiati; che per sè non si sostengano onde ancor si nota qui la lor viltà, Come a scaldar s’appoggia tegghia a tegghia; fa una similitudine che, come s’accosta sopra il fuoco testo a testo, sicchè l’uno regge l’altro per scaldare, per far migliacci; così faceano costoro due, per meglio reggersi, Dal capo al piè di schianze maculati; e per questo nota la loro corruzione. E non vidi giammai menare stregghia; qui fa una similitudine che, come lo ragazzo che è aspettato dal signorsoo, che à fretta d’andarsene tosto a letto a dormire, mena la stregghia fortemente a stregghiare il cavallo; così costoro menavano l’unghie a grattarsi; e però fìnge, o vero dice: E non vidi giammai; io Dante, menare stregghia; a stregghiare lo cavallo, Da ragazzo aspettato dal signorso; che voglia cavalcare, Nè da colui che mal volentier vegghia; che fa in fretta per andare a dormire, Come ciascun; di questi due, menava spesso il morso Dell’unghie sopra sè per la gran rabbia; del pizzicore ch’avea; e qui si notano le grandi cure e sollicitudini che ànno li falsari, a dare effetto alle loro falsitadi, Del pizzicor, che non à più soccorso; se non di stracciarsi con l’unghie: Così traeva giù l’unghia; di colui che si grattava, la scabbia; cioè la crosta della lebra, Come il coltel da scardova le scaglie, O d’altro pesce che più larghe l’abbia; fa similitudine che così l’unghie faceano cadere le croste della lebbra, come lo coltello1, col quale si tolgono via le scaglie da’ pesci, le fa cadere da quel pescie, che si chiama scardova che à molto grandi scaglie e squame, O d’altro pesce che più larghe; scaglie, l’abbia; più che la scardova.

C. XXIX — v. 85-90. In questi due ternari l’autor nostro finge che Virgilio parlasse a questi due detti di sopra, addomandando se v’era alcuno italiano, scongiurandoli per quello che a loro era caro, dicendo così: O tu, che con le dita ti dismaglie; dice Virgilio all’un de’ due detti di sopra; cioè ti levi la scaglia, come si leva dal coretto maglia da maglia, Cominciò il Duca mio; cioè Virgilio, all’un di loro; cioè di quelli due, E che fai d’esse; cioè delle tue dita, tal volta; cioè alcuna volta, tanaglie; cioè quando afferrava e strappava, quando la scaglia era ancora verde che non si spiccava, Dinne2; tu a noi, s’alcun Latino è tra costoro; cioè alcuno d’Italia, Che son quinc’entro; cioè in questa bolgia, se l’unghia ti basti Eternalmente a cotesto lavoro; scongiuralo per quello che crede che sia a lui di piacere, per cattare benivolenzia: piace al lebroso di grattarsi per lo

  1. C. M. lo coltello, con che si diliscano li pesci, fa cadere da quel pescio
  2. In alcune copie nel Testo per quella difficoltà, che seco arrecano le opere stampate in diverso carattere, ci è sfuggito - Dinne per Dimmi, di che speriamo ci vorrà escusati la cortesia dei lettori. E.