Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/863

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[v. 124-139] c o m m e n t o 849


C. XXXII — v. 124-132. In questi tre ternari passa l’autore a dire del conte Ugolino da Pisa e dell’arcivescovo Ruggieri, e dice così: Noi eravam partiti già; cioè Virgilio et io, da ello; cioè da messer Bocca, Ch’io; Dante, vidi due ghiacciati in una buca; cioè in uno foro di ghiaccia: tanto erano stretti insieme, che stavano in uno buco di ghiaccia, Sì, che l’un capo all’altro era cappello: però che il capo del conte Ugolino stava sopra il capo dell’arcivescovo Ruggieri, e rodevali il cervello per vendetta; e però dice: E come il pan per fame si manduca, Così il sovran; cioè quel ch’era di sopra, li denti all’altro pose Là, ove il cervel s’aggiugne con la nuca; cioè nella cicottola1 di rietro: la nuca è lo schenale delle reni, et aggiugnesi nella cottola col cervello e quindi piglia suo nutrimento e sentimento, e dà sentimento a tutti li nervi; e quando l’uomo è offeso nella nuca, da indi in giù perde il sentimento. Non altrimenti; qui fa una comperazione, a provare quel ch’à detto di sopra, cap. xiv, di Tideo e Menalippo, i quali furono fratelli; et essendo re in una parte di Grezia, patteggiarono che ciascuno dovesse tenere la signoria uno anno e cominciò a Menalippo, e Tideo andò al re Adrasto, come Polinice et Etiocle, de’ quali fu detto di sopra cap. xxvi, et ebbe per moglie l’una delle figliuole del re Adrasto, come Polinice ebbe l’altra. E quando Polinice andò a racquistare il regno, Etiocle non gliele volle restituire, onde fece suo sforzo e convocò sette re di Grezia et andò contra il fratello tra’ quali fu Tideo suo cognato. Etiocle similmente fece suo sforzo, e con lui fu Menalippo fratello di Tideo, lo quale ancora non volea rendere lo regno al fratello; et essendo poi nella battaglia, Menalippo saettò Tideo, onde Tideo mosso contra lui l’abbattè e tagliolli la testa e recossela in mano, e per ira la rosicchiava intorno intorno e mordevali le tempie et ancora l’altre parti, e massimamente le tempie perchè quelle s’adornava con la corona del regno2; e però dice: Tideo si rose Le tempie a Menalippo; suo fratello, per disdegno, Che quei; cui io vidi, facea il teschio; cioè l’osso del capo, e l’altre cose; che v’erano.

C. XXXII — v. 133-139. In questi due ternari e un verso finge l’autore ch’elli addimandasse chi erano quelli due, dicendo così: O tu, che mostri per sì bestial segno: segno bestiale è mangiare e rodere la carne umana, Odio sopra colui cui tu ti mangi, Dimmi il perchè, diss’io: cioè Dante, fai questo, per tal convegno; cioè per cotal patto; Che se tu a ragion di lui ti piangi; cioè se ragionevolmente tu ti duoli di lui, Sappiendo chi voi siete; cioè che tu mel manifesti, e la sua pecca; cioè e il suo peccato, ch’à fatto verso di te, Nel mondo suso ancor io te ne cangi; cioè io te ne meriti, dandoti fama, Se questa, con ch’io parlo, non sia secca: afferma con esecrazione; cioè se non mi secchi la lingua. E qui finisce il xxxii canto.

  1. C. M. cottula
  2. C. M. regno, et in esse pare essere la sedia dello ingegno; e