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52Io era tra color, che son sospesi,
E Donna mi chiamò beata e bella,
Tal che di comandare io la richiesi.
55Lucevan gli occhi suoi più che la stella:
E cominciommi a dir soave e piana,
Con angelica voce, in sua favella:
58O anima cortese Mantovana,
Di cui la fama ancor nel mondo dura,
E durerà, quanto il mondo lontana;1
61L’amico mio, e non della ventura,
Nella deserta piaggia è impedito
Sì nel cammin, che volto è per paura;
64E temo, che non sia già sì smarrito,
Ch’io mi sia tardi al soccorso levata,
Per quel ch’io ò di lui nel Cielo udito.
67Or muovi, e con la tua parola ornata,
E con ciò, che è mestiere al suo campare,
L’aiuta sì, ch’io ne sia consolata.
70Io son Beatrice, che ti faccio andare:
Vegno di loco, ove tornar disio:2
Amor mi mosse, che mi fa parlare.
73Quando sarò dinanzi al Signor mio,
Di te mi loderò sovente a lui.
Tacette allora, e poi cominciai io:
76O Donna di virtù sola, per cui
L’umana specie eccede ogni contento
Da quel ciel, ch’à minor li cerchi sui;3
79Tanto m’aggrada il tuo comandamento,
Che l’ubbidir, se già fosse, m’è tardi:
Più non t’è uopo aprirmi il tuo talento.