Pagina:Commedia - Inferno (Lana).djvu/109

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overo istoriale, lo quale senso non si estende più innanzi che come suona la lettera, e quelli termini in li quali ella è posta; sicome quand’ello pone Minos in lo inferno per uno demonio giudicatore delle anime. Lo secondo senso è allegorico, per lo quale lo termine della litteratura significa altro che ello non suona come ad interpretare lo ditto Minos la giustizia la quale giudica le anime secondo sua condizione. Lo terzo senso è detto tropologico cioè morale, per lo quale s’interpreta lo ditto Minos sicome uno Re che fu in Creti che fu giusto e virtudioso: donando a’ viziosi pena e a’ virtudiosi merito. Così moralmente si pone uno giudice in inferno lo quale dicerne per la condizione delle anime lo luogo e pena che sì li aviene. Lo quarto senso è detto senso anagogico per lo quale s’interpreta spiritualmente li esempli e comparazioni della detta Comedia, sì come quando fa menzione d’alcuna persona che non si dee intendere che quella persona sia perciò in inferno altrove, perchè è ignoto e secreto a’ mondani, ma spirituale s’intende che quello vizio che è attribuito a colui, overo vertude, per tale modo è purgato, overo remunerato, per la iustitia di Dio. Or veduti li sensi che può avere la detta Comedia è da sapere che la prima parte ello distingue per XXXIII Capitoli, in li quali si tratta tutta la condizione
overo condizioni che puonno avere le anime dannate. In lo primo e in lo secondo proemiza come trovò Virgilio che ’l venne a soccorrere per li prieghi di Beatrice. In lo terzo punisce l’anime ch’enno state di debile cuore e vinte da cattivitade e tristitia. In, lo quarto mette li innocenti non battezzati. In lo quinto punisce li lussuriosi. In lo sesto punisce li golosi. In lo settimo punisce li avari e li prodighi e l’irosi. In l’ottavo punisce li superbi e arroganti. In lo nono punisce li eretici. In lo decimo punisce alcuni infedeli li quali non credettero che fosse Paradiso etc., e sono detti Epicurii. In lo XI distingue li luoghi. In lo XII li tiranni. In lo XIII li disperati che s’uccidono per sè medesimi. In lo XIV li sforzadori delle divine cose. In lo XV e in lo XVI punisce quelli che peccano contro natura. In lo XVII punisce li usurarii. In lo XVIII punisce l’ingannatori e ruffiani. In lo XIX punisce li simoniaci che vendono le spirituali cose per le temporali. In lo XX punisce li indivinatori e li augurii incantatori e affatturatori. In lo XXI e XXII punisce li barattieri che per danari tolleno l’onore alle sue cittadi. In lo XXIII punisce li ipocriti. In lo XXIV e XXV punisce li ladroni. In lo XXVI punisce alcuni crudeli li quali hanno nociuto ad altri per loro inganni e ingegni. In lo XXVII punisce quelli che