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238 INFERNO. — Canto XII. Verso 13

Che fa concetta nella falsa vacca:




quel tempo Atene, e ancor è appellata Setine1. Essendo quello, esercito molto grosso e sforzoso, faeea la sua guerra molto fieramente, e la città per sé era molto forte: sichè durò un gran tempo l’assedio. Or dice la novella che 'l palagio del detto re, ch’era in Greti, era molto dispartito dagli altri casamenti sichè intorno ad esso erano molti giardini e prati e altra verdura: dalla parte ov’erano li prati si pasceva uno armento di vitelli fra li quali n’era uno tutto bianco e, secondo che recita Ovidio, non avea sopra sè se non un poco di nero in lo fronte a modo d’una stella. Questo era giovinetto e grasso, non avea alcuna fatica ch’avea lo pascolo molto buono; si ch’era fresco, gagliardo e legiadro. Aveasi cernuto nelle vitellette una ch’era tutta di pelo variata, e con questa conversava nel pascolo, e solo ad essa attendea quando spargea la sua semenza. Or per lo destro ch’elli avea, senza briga era molto spesso a cotali salti. La Reina spesse volte se iacea alla fenestra, e guardava in cotali parti, e vedea quel zimbello, e innamorossi oltra naisura di quel vitelletto. Essendo cosi errata, e volendo sua volontà adurre ad effetto, pensò d’averne consiglio con chi ne la potea aiutare. Mandò per uno maestro , il quale avea nome Dedalo, ch’era molto ingegniero e sottilissima persona in fare artificii; lo quale era maestro pronto nella corte del re di cotali affari; tolseli fidanza, e legollo per sagramento; e apresso lo cominciò a minacciare di farlo morire, se ’1 non tenesse credenza. Costui sicome suddito le promise credenza. Questa li rivelò lo suo volere, ed agiunse ch’ella volea ch’elli pensasse modo e via, com’ella potesse carnalmente stare col detto vitello. Costui veggendo la volontà della donna pensò alla vicenda, e fece una vacca di legno, la qual simigliava per grandezza a quella ch’era amata dal vitello; fatta quella, segretamente e di notte tolseno la vacca viva, ed uccisenla, e scorticonnola, poscia lo cuore miseno sopra la vacca di legno: e brigonno bene un die a far questo lavoriero. Lo vitello andava cercando questa vacca tra l’altre, non la trovava, arabbiava, e facea grandi mugiti e lamenti. Quando venne a l' altro die, la ditta Pasife reina entrò in la detta vacca del legno, e mise il suo istrumento fabbricatorio in quel luogo ov’era quel della vacca, e fecesi portare nel prato dov’erano li altri vitelli e vacche. Lo vitello veggendo questa, credette che fosse la sua; immantinente corse a covrirla. Pasife ch’era dentro , ricevè tal numo e seme2, e sì se ingravidò; poi in processo di tempo partorì uno animale, lo quale era

  1. La ragione di questo assedio è narrata dal Cod della Magliabecchiana, ma par tratto da altri poiché manca ai Cod. consultati. V. la nota in fine dei Commento a questo canto, la quale è abbastanza bella e curiosa. A questo periodo il Cod. DiBagno continua Siando invece di Essendo.
  2. Questa voce seme è nel Codice Laur. XL., 26. Numo è alla Vind. e al Cod. DiBagno, e forse era muno da munus ch’è ciò che diede il toro (Etim. in Varrone). Il Cod. Sanese ha solo come il Palatino: ricevette il seme dell toro