Pagina:Commedia - Inferno (Lana).djvu/447

Da Wikisource.

INFERNO. — Canto XXVIII. Verso 22 a 2-4 443


Già veggia per mezzul perdere o lulla,
     Com’io vidi un, cosi non si pertugia,
     Rotto dal mento insin dove si trulla:




vitato dagl’italiani per lettere che venisse ad essere signore, si mise con suo guarnimento a venire, e passò per le terre delli amici suoi, e venne a Verona; menò seco lo duca di Baviera e ’l conte di Tirallo per conduttori. Udito li saracini di Nocera la venuta di Corradino in Italia, incontanente si ribellonno al re Carlo, imperocch’elli sosteneano da’ franceschi grande oltraggio. Fu quella Nocera una città in Puglia, la quale fe’ lo re Manfredo, e fella abitare a saracini suoi soldati per tener lo forcato nella gola a quelli pugliesi, che sotto sua signoria non vuolseno essere. Stato lo ditto Corradino per tre mesi in Verona, andò con sua gente a Pavia, poi per Monferrato passò al mare, e lì entrò in navilio a lui ordinato e andò a Pisa. Come fu in Pisa incontanente tutta la parte ghibellina d’ogni parte trasse a lui, e lì raunò grande moltitudine di gente, li quali erano tutti d’uno animo di volere deprimere la iniquità del re Carlo e di esaltare Corradino. Udito lo re Carlo ch’era in Toscana, incontinenti se n’andò in Puglia, e lasciò in Toscana un suo maniscalco per lui. Corradino cavalcò sopra Lucca, e lo ditto maniscalco venne per soccorrere: immantinente fu sconfitto e morto.

Era in quel tempo senatore di Roma messer Rigo fratello del re di Castella, e avvegnach’elli fosse parente del re Carlo, elli l’odiava per la sua superbia: sichè mandò per Corradino. Corradino fue a Roma con la sua gente centra lo voler del papa. Quando fue stato quel che li parve, avuto suo consiglio, si mosse con sua gente e con lo ditto senatore, e con molta cavallaria e popolo romano, e andonno in Puglia per trovare lo re Carlo. Ora abreviando la novella, furono in Puglia sul campo: ciascuna parte fece tre schiere, vero è che dopo un sasso romase lo re Carlo con CCCC cavalieri; e fe’ armare in una delle predette tre schiere uno con l’arme sua, e con la corona sopra l’elmo, e portare un pennone sovra lui, tutto come fosse proprio lo re. Come furono affrontati insieme, li tedeschi si buttonno addosso alla gente del re Carlo ed ebbonli sconfitti, e moltissimi furono attorno a quello ch’era armato in vece del re: come li ebbeno così rotti, credendo avere tutto vinto, misensi a rubare, e a romper lo campo, e spargersi, e a disordinarsi. Quando lo re Carlo li vide così digiunti, con quelli CCCC cavalieri, ch’avea, broccò1 loro adosso, si come gente disordinata li mise in fuga. E questo modo tenne per consiglio d’uno messer Alardo suo cavalieri, ma era si vecchio che non portava arme.

Sichè questa fu grande tagliata sì della gente del re Carlo, e sì di quella di Corradino. Ha nome lo luogo dove fu tal sconfitta Tagliacozzo, e però dice: Ove sanz’Arme vinse il vecchio Alardo.

  1. Così proprio, il M. ha per Alardo: » Ed allora disse a re Carlo: « ferite; di che lo re Carlo ferio addosso alla gente di Corradino».