Pagina:Commedia - Inferno (Tommaseo).djvu/445

Da Wikisource.

CAiSfTO XXVI. 309 consolarli colla memoria del male passalo, il quale se sostenuto for- temente si mula in piacere, ìneminisse juvabit : il temperare con uu forsan le troppo aud ici speranze , acciocché non inebriino l'anima e non tolgano il merito della fe^ie e della pazienza, e acciocché, se de- luse , non si convertano in rimproveri al vano confortatore, e a^W af- fliiti in dolore più aruio : lo scusare quasi il senso dfl timore con quello del dolore chiamandolo mesto con aggiunto polente: il rappre- sentare la costanza di chi palisne come un risparmio eh' e' fa delle forze proprie e del proprio destino a lemjii migliori e a consumazione di doveri più alii: vosnii^t n-bus servate secundis: Unalmente il pro- porre in lontananza la futura prosperità, non lanio comp un riposo da' mali proprii, quanto come un adempimento dell'eterno destino, un nuovo esercizio di rassegnazione alla legge superna. Lp quali cose se tulle non erano ad una ad una chiaramente distinte nel pensiero del Poeta meditante que' versi, sono però ne' suoi versi espresse lu- cidamente. I due canti che dannano l'abuso dell'ingegno, incominciano da una dell»* solite note inserte nel testo, ma nota potente : E più lo in- gegno affretto eh' i non soglio. Questo verso c'è indizio della natura di Dante, ingegno ardito ma frenato dal senso del dovere : caldo tal- volia di febbre superba, ma sdegnoso di volpini accorgimenti : si com- piace nell'ira, nell'odio, nella vendeva: ma le villane significazioni della rabbia impotente non loda. Dreve e arguto nel dire: non bu- giardo; nemico degl'ipocriti, aperto a' sapienti, come specchio che rende le imagini delle cose di fuori. Sorride dignitoso alle umane fol- lie, ama talvolta dipingere le bassezze de' tristi ; ma ben presto s' in- nalza e piange fin sui meritati dolori. Docile all'autorità de' grandi, riverente all'autorità della Chiesa, si scusa fm d'atti apparentemente audaci, ma osati a fin di bene; l'adulazione gli é in odio; la costanza nelle avversità gli desia maraviglia fin ne' malvagi, quando pro\oca- trice non sia. Ogni vero che ha faccia dì menzogna egli evita. Negli sludii s'affanna e suda; quasi scultore, modella e intaglia e pulisce le opere sue. Negli amori invescalo: da orni avarìzia aborrente, e an- cora più da ogni invidia. Amante della lode, si loda da sé; ma i pro- prii falli confessa, e que' degli amici. Sdegna ì beni della sorte e di lunga mano al dolore s'apparecchia. Ama conoscere nuovi uomini e nuove cose ma le prime consuetudini gli son care, e le prime amicì- zie. Tutto ciò che è alto e gentile nella umana natura, riconosre, e lo venera dove che sia, e a uomini tali ubbidisee, e teme I rimpro- veri loro. Ama la gravità nella voce, negli sguardi, negli atti: teme che il tempo non gli passi^perduto.