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c o m m e n t o |
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volte in battaglia ordinata li sconfisseno. All’ultimo li Veientani, arrecandosi ad onta questo fatto, ordinorno di giungerli con insidie, e così per farli bene siguri, più volte si lassarno predare, e scacciare; et uno di’, posto l’agguaito 1 in una grande pianura et apparecchiato una grande preda di bestiame, li Fabi corseno sfrenatamente ad essa, e passato l’agguato uscittono fuora li nimici loro addosso et intorneolli; et ellino, fatto capo grosso, uscittono tra loro e ricoverorno in su uno monte, e li Veientani intorneato quello monte ne presono un altro più alto che veniva sopra quello, e descendendo a loro, tutti li Fabi 306 uccisono, che non ne campò niuno. E tutta la famiglia peritte allora se non uno garzone che, perchè non era anco atto all’arme, era rimaso a Roma, e questi fece poi anco grande cose contra li Veienti e li Toscani, come appare in Tito Livio nella detta decade nel libro terzio. Di questo Fabio discese quello Fabio che vinse li Toscani, come appare di sopra, e li Franceschi in Sannio; e di costui discese Fabio Massimo, che indugiando e tenendo a bada Anibale, ricoverò la republica dei Romani, straccandolo anni 17 codeandolo qua e là per l’Italia, e però da lui dice Virgilio nel libro sesto: Quo fessum rapitis, Fabii? tu maximus ille es Unus qui nobis cunctando restituis rem — . Ebber la fama; cioè li sopradetti nomati, cioè Tito Mallio Torquato, Lucio Quinzio Cincinnato, Deci e Fabi ebbono la fama, che è di loro appresso coloro che leggeno le storie Romane, che; cioè la qual fama, volentier mirro 2; cioè miro, cioè lodo io Iustiniano; ma è scritto per due r per la consonanzia della rima. E ben si conviene che lo imperadore volentieri lodi la fama dei virtuosi Romani, perchè furono cagione di stabilire e fermare lo romano imperio; et anco perchè l’autore finge che ’l trovasse nella vita beata nel cielo di Mercurio, convenientemente finge ch’elli volentieri lodi la fama dei virtuosi. Elli; cioè lo segno dell’aquila, atterrò l’orgollio degli Arabi; qui finge l’autore che Iustiniano, continuando lo suo parlare, racconta come li Romani sotto la insegna dell’aquila domorno la superbia de’ Cartaginesi, li quali li chiama Arabi: imperò che Dido figliuola del re Belo e moglie di Sicheo di Sidonia, ch’è in Siria, fu edificatrice di Cartagine, venuta da Sidonia in Africa, come è stato detto nella
- ↑ Agguaito, agguato; nascondiglio, proveniente da due voci arabiche le quali rispondono all’ articolo al e gatha; si nascose. Guaita in questo significato vive tra il popolo della provincia metaurense. E.
- ↑ Il Gradonico al verbo mirro così commenta: Gli antichi usavano di ungere di mirra gli corpi morti, a ciò che sè conservassero, così come gli moderni usano di balsemare; onde l’autore, vogliendo conservare tale fama del romano imperio, sì la descrive nel presente capitolo e dice la fama che volentier mirro, che tanto vole dire quanto sarebbe a dire che io ungo di mirra, che la conserverà sempre per lo tempo futuro. E.