103E cominciò: Le cose tutte quante
Ànno ordine tra loro, e questo è forma,
Che l’Universo a Dio fa similliante. 106Qui veggion l’alte creature l’ orma
Dell’eterno valor, lo quale è fine,
Al quale è fatta la toccata norma. 109Nell’ordine ch’io dico, sono incline[1]
Tutte nature per diverse sorti,
Più al principio loro e men vicine; 112Unde si muoveno a diversi porti
Per lo gran mar dell’essere, e ciascuna
Con istinto a lei dato che la porti. 115Questi ne porta il foco in ver la Luna;
Questi ne’ cuor mortali è promotore;
Questi la terra in sè stringe e aduna. 118Nè pur le creature, che son fuore
D’intelligenzia, quest’arco saetta;
Ma quelle ch’ànno intelletto e amore. 121La providenzia, che cotanto assetta,
Del suo lume fa il Ciel sempre quieto,
Nel qual si volge quel ch’à maggior fretta; 124Et ora lì, com’a sito decreto,
Cen porta la virtù di quella corda,
Che ciò che scrocca drizza in segno lieto.[2] 127Ver è, che come forma non s’accorda
Molte fiate alla intenzion dell’arte,
Perch’a risponder la materia è sorda; 130Così da questo corso si diparte
Talor la creatura, che à podere
Di piegar, così pinta, in altra parte;
↑v. 109. C. M. C. A. accline — . Accline o incline, dal singolare acclino a inclino, e questo dall’ acclinis latino. E.