Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/281

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Iddio le cose che debbono venire; ma Io meglio dell’universo, Son ne la mente; cioè divina, ch’è; cioè la quale è, da sè; cioè per sè medesima, non per altra cosa fuor da sè, perfetta: imperò che la mente divina è da sè perfettissima: imperò che in essa tutte le cose create, che sono state e che sono e saranno, sempre sono colla sua perfezione, Ma esse; cioè cose che veguano ad essere, insieme co la lor salute; cioè non solamente sta nella mente divina l’essere di ciascuna cosa che si produce; ma anco lo benessere e lo meglio, secondo l’universo almeno, se non per rispetto di sè: Iddio è sommo bene, e non può volere se non bene; e però sempre provede che la cosa avvegna secondo lo meglio dell’universo e non secondo la parlicularità della cosa: imperò che ’l bene comune avanza lo bene proprio. Perchè; cioè per la qual cosa seguita questo, cioè: quantunche; cioè ogni cosa la quale, questo arco 1; cioè della virtù informativa de’ cieli e de’ pianeti e de le stelle, saetta; cioè come saetta percuote e fa venire al suo effetto, Disposto; cioè ordinato da essa virtù, cade; cioè avviene, a proveduto fine; cioè al fine, che Iddio àe proveduto co la sua providenzia, Sì come cosa in suo segno diretta. Continua la similitudine dell’arco: àe posto che la virtù informativa dei corpi superiori sia l’arco: e le influenzie produtte nella natura siano le saette; e lo segno, in che perquoteno queste saette, sia lo fine ordinato dalla divina providenzia; cioè l’effetto che Iddio vuole: imperò che li cieli ogni cosa produceno al fine, che à ordinato la Divina Providenzia. Et ora pruova questo per lo inconveniente che ne seguiterebbe, se questo non fusse dicendo: Se ciò; ch’io ò detto, non fusse; com’io òne detto, il Ciel; cioè tutti li cieli co le stelle e co li pianeti, che; cioè lo quale, tu; Dante, cammine; cerchi mentalmente quanto al vero, e corporalmente secondo la fizione, Producerebbe sì li suoi effetti; cioè se non desiderassono al proveduto fine, Che non sarebber arti; cioè non sarebbono cose fatte con ordine e con ragione come fanno quelle dell’arti, ma ruine: imperò che andrebbono le cose senza ordine e con temerità. E ciò esser non può; cioè che le cose vadano senza ordine, se l’intelletti; ciò gli angeli, Che muoven queste stelle; cioè questi cieli e le stelle e li pianeti, che sono in essi, non son manchi; cioè defettuosi et imperfetti, E manco ’l primo; cioè Iddio che è principio d’ogni cosa, che; cioè lo quale, nolli à perfetti; cioè non gli avesse fatto perfetti. E questo non può essere, dunqua seguita lo giro che Iddio che è perfettissimo àe fatto perfetti gli angeli, et egli perfettamente moveno li cieli; dunqua li cieli perfetti effetti induceno e non disordinati e defettivi; unde ben dice Boezio nel iv della

  1. Secondo il medesimo Gioberti, questo arco è l’atto creativo. E.