Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/607

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finge che, poi che lo beato spirito ebbe dimostrato come elli si mosse a venire a lui, che fu per la sua libera voluntà quando vidde che Iddio così voleva, rispuose al punto della quistione; cioè perchè predestinata fu ella da Dio, più che l’altre, cioè perchè volse Iddio ch’ella vedesse la sua voluntà più che l’altre. Et a questo risponde che non si può sapere, benchè si debbe tenere che Iddio fa ogni cosa con iustissima cagione; ma niente di meno non si può sapere per li omini, nè per nessuna creatura. E però dice così, facendo avversazione: Ma quell’alma; cioè quella anima, nel Ciel; cioè essente 1 nel cielo, che più si schiara; cioè la quale più diventa chiara, cioè che più riceve lo raggio della grazia d’Iddio, onde diventa chiara e più vede la voluntà sua, Quel Serafin; cioè angelo Serafino, che ’n Dio più l’occhio à fisso 2; dice la santa Scrittura che li Serafini contemplano Iddio più che gli altri angeli, cioè più perfettamente; e però dice: Quello, che più à fermato l’occhio suo contemplativo in Dio, A la dimanda tua; cioè di te Dante, non satisfara; cioè non sodisfarebbe. Però che sì s’inoltra; ecco che assegna la cagione, per che, cioè imperò che la dimanda tua si mette tanto oltra, ne l’abisso 3; cioè nella grande altezza: abisso è profondo; ma qui si pone per l’altezza, De l’eterno statuto; cioè della providenzia d’Iddio, che è eterna, quel, che chiedi; cioè quella quistione, che dimandi ch’io solva, Che da ogni creata vista; cioè da ogni creato vedere, è scisso; cioè separato. Et ora finge che lo detto spirito l’addimandasse che, quando tornasse al mondo, ammonisse li omini che non si impacciasseno in volere sapere la cagione de la providenzia e predestinazione e prescienzia d’Iddio: imperò che non è l’omo sofficente a ciò potere vedere. E però dice: Et al mondo mortal; cioè al mondo che debbe venire meno quando a Dio piacerà, o vero perchè in esso tutte le cose sono mortali e caduche, quando tu: cioè Dante, riedi; cioè ritorni, Questo rapporta; cioè quello, che è detto di sopra, sicchè non presumma; cioè lo mondo, intendendo per lo mondo li omini del mondo, non ardisca, A tanto segno; cioè a sì grande segno quanto è la providenzia d’Iddio, nel quale si contiene la predestinazione e prescienzia, e dice segno, perch’ella è segno a noi di quello, che non possiamo vedere col nostro intelletto, più muover li piedi; cioè più muovere la sua affezio-

  1. Essente, participio adoperato di frequente e con grazia dai classici, e che ai pedanti rimane ancora sconosciuto. Speriamo quindi innanzi se ne gioveranno i Grammatici. E.
  2. C. M. fisso: cioè più à fermo la sua intellingenza in Dio; dice
  3. In Dante l’abisso è l’Essenza divina, fonte, e radice del sovrintelligibile. L’abisso, come profondità, ove la vista si perde, adombra matematicamente l’infinito e quindi l’inconoscibile. E.