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127Quale colui, che tace e dicer vole,1
Mi trasse Beatrice, e disse: Mira
Quant’è ’l convento de le bianche stole!
130Vedi nostra Città quant’ella gira!
Vedi li nostri scanni sì ripieni,
Che poca gente più ci si disira.
133E quel gran seggio, a che tu li occhi tieni
Per la corona che già v’è su posta,
Prima che tu a queste nozze ceni,
136Sederà l’alma, che fie giù Augosta,
Dell’alto Enrico, ch’a drizzar Italia2
Verrà in prima, ch’ella sia disposta.
139La cieca cupidigia, che v’ammalia,
Simili fatti v’à al fantolino,
Che muor per fame e caccia via la balia;
142E fia prefetto nel foro divino
Allora tal, che ’n palese e ’n coverto3
Non anderà con lui per un cammino.
145Ma poco poi sarà da Dio sofferto
Nel santo uficio, ch’ei serà detruso4
Là, dove Simon mago è per suo merto,
148E farà quel d’Alagna andar più giuso.
- ↑ v. 127. C. A. Quale è colui,
- ↑ v. 137. C. A. Arrigo,
- ↑ v. 143. C. A. che palese e coperto
- ↑ v. 146. C. A. ch’el sarà
C O M M E N T O
Forsi sei milia milia ec. Questo è lo xxx canto della terza cantica, nel quale lo nostro autore finge com’elli uscitte della nona spera, et entrò nel cielo empireo. E dividesi questo canto principalmente in due parti: imperò che prima finge com’elli perdè la visione delli Angeli che nella nona spera li era presentata, e come si trovò