Pagina:Commedia - Paradiso (Buti).djvu/865

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c a n t o     xxxiii. 853   

     
46Et io, ch’al fine di tutti disii
     M’appropinquava, sì com’io dovea,
     L’ardor del desiderio in me finii.
49Bernardo m’accennava e sorridea,
     Perch’io guardasse insuso; ma io era
     Già per me stesso tal, qual io volea:1
52Chè la mia vista, venendo sincera,
     E più e più entrava per lo raggio
     Dell’alta luce, che da sè è vera.
55Da quinci innanzi il mio veder fu maggio,
     Che ’l parlar mostri, ch’a tal vista cede,2
     E cede la memoria a tanto oltraggio.3
58Qual è colui, che sognando vede,
     Che dopo ’1 sogno la passione impressa
     Rimane, et altro alla mente non riede;4
61Cotal son io: chè quasi tutta cessa
     Mia visione, et ancor mi distilla
     Nel cuore il dolce, che nacque da essa.
64Così la nieve al Sol si dissigilla,
     Così al vento ne le follie levi
     Si perdea la sentenzia di Sibilla.
67O somma luce, che tanto ti levi
     Da’ concetti mortali, a la mia mente
     Ripresta un poco di quel che parevi;
70E fa la lingua mia tanto possente,
     Ch’una favilla sol de la tua gloria
     Possa lassare a la futura gente:
73Chè, per tornar alquanto a mia memoria,
     E per sonar un poco in questi versi,
     Più si conceperà di tua vittoria.

  1. v. 51. C. A. quale ei
  2. v. 56. C. A. mostra
  3. v. 57. C. A. Eccede
  4. v. 60. C. A. e l’altro