Pagina:Commedia - Paradiso (Imola).djvu/229

Da Wikisource.

canto

XI. 219

prezzoet chi civil negotio i mercatanti, le cure de’ quali sono piene di ansietà, e spesso di frodi, sicchè appare la verità di quel ditterio che niuno vive secondo il bene dell’arte sua l’artefice e mercatante quando siano onesti non guadagnano che miserie; i disonesti e falsi ricchezze, ma perdono l’anima; l’usuraio quindi all’Inferno, e chi non è usuraio, cade nella miseria: chi nel dilecto de la carne involto chi si abbandona e si seppellisce nelle voluttà: porci nel fango, quando potrebbero esser mondi nell’acqua la più pura e chi si dava al octio disse Dante nell’Inferno, degli oziosi non rasonar di lor ma guarda e passa perché furono morti vivendo questi siaurati che non fur mai vivi — quand io da tutte queste cose sciolto liberato da queste umane cure con Beatrice m era suso in cielo cotanto gloriosamente accolto mi trovava accolto con tanta gloria insieme con Beatrice nel cielo. E diffatto, se vi è felicità in questo mondo, trovasi soltanto nella meditazione: così Aristotile. Il perché, un mio amico, Pietro da Ravenna, sosteneva potersi rinvenire solo ne’ claustri o nelle scuole. Poiche ciascuno fu tornato ne lo cerchio in che avanti s era fermarsi come a candelier candelo poichè ciascuno di quegli spiriti tornò a quel luogo del cerchio donde si era tolto, si fermò là come candela nel candeliero. et io senti dentro a quella lumera che pria m avea parlato sorridendo incominciar facendosi piu mera quand’ecco sentii in quella luce dove prima mi aveva parlato san Tommaso, facendosi più pura e quindi più lucente, sorridendo, dirmi così com io del suo raggio rispiendo si riguardando ne la luce eterna li tuoi pensier onde tu casoni apprendo a quel modo che io mi accendo nel raggio della luce divina, così riguardando in essa, a- prendo la ragione de’ tuoi pensieri, ossia da qual cagione i tuoi pensieri procedono: tu dubi tu dubiti et hai voler che l si